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Milano
10 giugno 2012
Aula
Magna
Civico Liceo Linguistico
A. Manzoni
Via Grazia Deledda, 11
Cultura civile e
futuro dei
diritti
In un momento di
particolare delicatezza e difficoltà storica per l'economia
italiana ed europea (ma senza dimenticare gli stessi problemi
anche su scala mondiale), e in una fase storica in cui le
classi politiche che si avvicendano al governo del Paese
appaiono paralizzate da un bagaglio culturale non più capace di
interpretare i problemi contemporanei, le stesse istituzioni di
diritto pubblico sembrano richiedere decisi interventi di
modernizzazione.
Senza rinunciare alla propria natura apolitica (e quindi aperta
a tutti), la Compagnia del the non si sottrae tuttavia ad una
ricognizione sul bruciante problema della necessità di definire
nuove visioni politiche per affrontare sfide ingenti e
inaudite, come quelle del tempo presente.
In un approccio tendenzialmente scientifico al problema —
ma includendo anche le
espressioni
artistiche e i collegamenti inconsueti nel consolidato stile
della Compagnia del the — "Cultura civile e futuro dei
diritti" si presenta come un evento dal taglio insolito
fin dall'ubicazione degli ambienti prescelti.
Col vivo supporto del Preside del "Civico Liceo Linguistico A.
Manzoni " di Milano Pino
Polistena,
co-organizzatore e pregiato relatore in seno all'evento, la
Compagnia del the ha avuto infatti a disposizione il più ampio
spazio dell'aula magna dell'istituto, e ha aperto le proprie
porte anche ad altri gruppi di lavoro che hanno, a vario
titolo, offerto sostegno all'iniziativa.
Soci della Compagnia del the, e invitati appartenenti ad altri
gruppi coinvolti nell'organizzazione dell'evento, affluiscono
nell'aula magna del Civico Liceo Linguistico A.
Manzoni. L'accoglienza è quella tipica della
Compagnia. In quest'occasione sono offerti da "Arte & Professione del
the" the verde cinese freddo aromatizzato al lychees
e the oolong taiwanese ad alta ossidazione, pure servito
freddo.
Apertura di uno dei corridoi supplementari di accesso all'aula
magna dell'istituto.
Uno specifico gruppo di lavoro in seno alla Compagnia del the
ha condotto uno studio preliminare sulla materia, utilizzato
come introduzione ai successivi interventi. Ogni argomentazione
parte dalla distorta percezione dell'idea di politica che sorge
dai continui scandali per corruzione che si moltiplicano al
tempo presente. Per riequilibrare questa idea così compromessa
occorrerebbe ricondurre la materia alla sede propria del
pensiero nell'antica Grecia, in cui la politica costituiva una
declinazione della filosofia nella visione della vita e del
mondo.
Non si può certo ignorare una complessità dell'azione politica
(che è cosa diversa dal mero pensiero politico) che spinge
quasi antropologicamente il "politico" a sviluppare
atteggiamenti inclini alla mediazione e al compromesso. E, da
qui, il passo verso vere e proprie degenerazioni del
comportamento può essere facile e insidioso. L'essenza di una
democrazia moderna può però porsi nell'esistenza di robusti
anticorpi innestati nel sistema proprio contro questi "rischi
epidemiologici".
Si avverte tuttavia l'esigenza di affermare che la politica
vera — quando esiste — è un lavoro stressante e
faticoso. La buona politica deve dunque essere adeguatamente
remunerata, se corrisponde a un lavoro costruttivo e produttivo
realizzato con spirito di servizio.
Ma al di là di ogni singola contingenza, il vero problema del
rinnovo della politica di oggi sembra essere di tipo culturale
e generazionale. Nuove visioni della società civile appaiono
ostacolate da vecchie classi dirigenti che intendono, più o
meno apertamente, perpetuarsi al potere. E non è solo una
questione anagrafica. Molti dirigenti politici, giovani solo di
età, riproducono in realtà approcci e metodi del passato.
Questo personale non può quindi considerarsi giovane nel senso
migliore del termine.
Ma come dovrebbero concretamente configurarsi nuove visioni del
mondo e della società civile? L'approccio scientifico al
problema seguito dalla Compagnia del the, insieme con la natura
apolitica dell'associazione, impediscono di manifestare un vero
e proprio orientamento che implichi una potenziale
competitività politica. Un'idea di metodo viene comunque
abbozzata al termine dell'intervento introduttivo.
Lo studio della Compagnia del the suggerisce, in conclusione,
una sorta di approccio "particellare". Le vecchie ideologie
desideravano nella migliore delle ipotesi affrontare e
risolvere gravi problemi che affliggevano le società civili di
altre epoche. Quegli aggregati di idee avevano spesso delle
componenti di pensiero di per sé valide, ma i sistemi
complessivamente considerati non risultano più adatti a
sostenere la sfida dei tempi al presente. L'ipotesi di un
processo di disaggregazione delle componenti elementari del
tradizionale pensiero politico ed economico e una successiva
riaggregazione secondo nuove architetture di idee e
un'aggiornata visione del mondo potrebbe costituire un
contributo di metodo.
Un indirizzo più concreto è fornito anche dal riferimento ad
una visione mondiale dei problemi socio-economici, sia con
riferimento al drastico accorciamento di distanze fra culture
un tempo lontane e con rapporti decisamente ridotti sia
guardando alla necessità che i fondamentali problemi della
tutela ambientale e delle risorse energetiche siano considerati
su scala planetaria in qualunque impostazione delle politiche
nazionali.
Terminato l'intervento introduttivo, arriva il momento di una
lettura scenica eseguita da Sylvie Capelli
ed Enrico Asti. Si tratta di una selezione di aforismi scritti
da letterati e pensatori appartenuti ad epoche ben diverse da
quella odierna; ma spesso anche a due o tre secoli di distanza
la riflessione sul potere politico riesce a conservare una
certa attualità.
"Né coloro che amano la verità né coloro che amano la bellezza
possono occuparsi di politica, poiché questa a sua volta non si
occupa né della bellezza né della verità".
(BARBEY
D'AUREVILLY, Le
crachoir d'or)
"Fingere di ignorare ciò che si sa benissimo, e di sapere ciò
che si ignora; fingere di capire ciò che non si capisce, e di
non capire ciò che si capisce assai bene; fingere di esser
potenti al di là delle proprie forze; avere spesso da
nascondere questo gran segreto, che non c'è nessun segreto da
nascondere; sembrare profondi quando si è vuoti; darsi bene o
male le arie di un personaggio importante; diffondere delle
spie e stipendiare dei traditori; cercare di nobilitare la
povertà dei mezzi con l'importanza dei fini: ecco cos'è la
politica".
(BEAUMARCHAIS,
Le mariage de Figaro, III,
5)
"Il suffragio universale è così fatto, che per averlo s'è
dovuto lottare e si dovrà lottare per conservarlo; ma poi
ciascuno si secca di esercitarlo".
(DE BOISSIEU, De chute en
chute)
"Un valente uomo di stato deve avere due qualità necessarie: la
prudenza e l'imprudenza".
(BONGHI, Ritratto di
Cavour)
"In politica è come a teatro: vi sono gli autori che scrivono
le opere da recitarsi e non appaiono sul palco, e gli attori
che le recitano pubblicamente e non le hanno scritte".
(DOSSI, Note
azzurre)
"Nelle crisi politiche l'uomo onesto è imbarazzato non già a
fare il suo dovere, ma a capire qual è".
(DE BONALD, Pensées sur
divers sujets)
A questo punto Raffaele d'Isa
introduce una nuova lettura scenica, eseguita sempre dagli
stessi attori. L'identità del testo letto e interpretato da Sylvie Capelli
ed Enrico Asti è in realtà inizialmente taciuta al pubblico, e
rivelata solo alla fine della performance. Si tratta della "Carta del
Carnaro".
Più correttamente nota come "Costituzione della Reggenza
italiana del Carnaro", la Carta fu promulgata l'8
settembre 1920, quasi al termine dell'impresa fiumana di Gabriele
d'Annunzio. Per gli aspetti tecnici più propriamente
giuridici e politici, e per la generale impostazione dei
principi socio-economici, la Carta del Carnaro è in realtà
frutto della visione del sindacalista-rivoluzionario Alceste De
Ambris. L'apporto di d'Annunzio fu per lo più di
tipo stilistico-letterario, ma il poeta ebbe anche un peso
sulla scelta di alcune grandi idealità poste a base della
Carta.
Il testo letto a due voci da Sylvie ed Enrico
ha subìto appena qualche piccolo adattamento per esigenze
sceniche, ed è in realtà una sintesi di alcuni degli articoli
più interessanti della Carta, per l'avanzata visione di De
Ambris dell'organizzazione economica della società e per il
lirismo dannunziano con cui si affermano determinati diritti e
libertà costituzionali, sorprendentemente inconsueto per un
testo di diritto costituzionale.
"Lo Stato (…) si studia di ricondurre i giorni e le
opere verso quel senso di virtuosa gioia che deve rinnovare dal
profondo il popolo finalmente affrancato da un regime uniforme
di soggezioni e di menzogne".
"Le libertà fondamentali di pensiero , di stampa, di riunione e
di associazione sono dagli statuti guarentite a tutti i
cittadini.
Ogni culto religioso è ammesso, è
rispettato e può edificare il suo
tempio;
ma nessun cittadino invochi la sua
credenza e i suoi riti per sottrarsi all'adempimento dei doveri
prescritti dalla legge viva".
Malgrado la natura effimera dello stato fiumano, e l'impronta
velleitaria della Carta del Carnaro, sorprende che un testo
così innovativo e avanzato per l'epoca in quanto a concezione
del lavoro e a funzione sociale della proprietà non sia
generalmente considerato fra i precedenti della Costituzione
Repubblicana.
"Tre sono le credenze religiose collocate sopra tutte le altre
nella università dei Comuni
giurati:
la vita è bella, e degna che severamente
e magnificamente la viva l'uomo rifatto intiero dalla
libertà;
l'uomo intiero è colui che sa ogni giorno
inventare la sua propria virtù; per ogni giorno offrire ai suoi
fratelli un nuovo
dono".
"DELL'ISTRUZIONE
PUBBLICA:
Per ogni gente di nobile origine la
cultura è la più luminosa delle armi
lunghe.
(…) La cultura è l'aroma contro le
corruzioni. La cultura è la saldezza contro le
deformazioni.
(…) Qui si forma l'uomo
libero.
E qui si prepara il regno dello spirito,
pur nello sforzo del lavoro e nell'acredine del traffico.
Perciò lo Stato pone alla sommità delle sue leggi la cultura
del popolo".
L'art. LXIV esaltava invece la musica, considerata alla stregua
di una istituzione religiosa e sociale, esaltatrice di ogni
atto di vita. A tal fine si prevedeva la costituzione di una
Rotonda capace di almeno 10.000 uditori, fornita di gradinate
comode per il popolo, dove svolgere celebrazioni gratuite.
Arriva il momento di Roberto Caracci.
Con due distinte lauree in filosofia e lettere, R. Caracci è
narratore, saggista, docente e animatore del Salotto Caracci,
cenacolo letterario-filosofico che da più di vent'anni
arricchisce di contenuti e dibattiti le serate dei martedì
milanesi.
Introdotto da Fatima — Artista di Aperithé
specializzata in cerimonia marocchina del the — Roberto
interviene proprio sulle origini della politica nel pensiero
dell'antica Grecia.
Per sottolineare — a dispetto delle degenerazioni
dell'epoca che corre — gli scopi alti della politica, Roberto Caracci
evidenzia innanzitutto come il pensiero critico cominci nella
storia a elaborare le prime idee politiche in seno a quella
civiltà della polis
greca in cui nacque l'idea di uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge, contro gli arbìtri del potere.
Misteriosamente i greci elaborarono le prime idee alla base
della nostra civiltà in tempi oscuri di imperatori divinizzati.
Ma quanto ancora si dovette attendere, dopo di loro, la
riemersione di un principio di legalità, perno proprio delle
costituzioni democratiche moderne?
Nel mondo greco, l’idea di costituzione (politeia) è fondata sulla
nozione di legge
(nomos): è la legge a
costituire il limite all’arbìtrio privato dei cittatini e
all'arbitrio pubblico dello stato.
Seguendo un procedimento a lui caro, Roberto Caracci
cerca di spiegare l'origine dell'idea di costituzione partendo
proprio dall'etimo del termine politeia, che significa
“costituzione", "regime", "governo”, indicando
l’organizzazione politica di un'intera comunità. Ma politeia può anche
significare “democrazia", "repubblica”, con
riferimento a una determinata forma costituzionale; e significa
inoltre "condizione di cittadino", “cittadinanza",
"diritto di cittadinanza", "diritti politici”. La parola
assume cioè valore sia collettivo sia individuale. Essa deriva
da polis (città), e da
polites (cittadino) e,
sintetizzando la portata di entrambi i termini, esprime
l’insieme delle funzioni e delle attività che i cittadini
svolgono nell’ambito della città- stato greca.
Il pensiero greco cercò abbastanza presto di classificare le
forme di organizzazione del potere, giungendo a elaborare una
divisione in tre tipi: monarchia, oligarchia, democrazia. Il
criterio è dato, evidentemente, dal numero dei soggetti cui
competono i diritti, cioè l’estensione della sovranità,
rispettivamente: potere dell'uno, dei pochi e dei molti. Ma con
una sottigliezza etimologica. Nei primi due termini il suffisso
che deriva da arché
indica il potere inteso come delega al sovrano o ad un
ristretto numero di soggetti. Nel caso del popolo, lo stesso
suffisso — ipotizzando "demarchia" — avrebbe
indicato "il capo del popolo". Ecco perché acquista rilevanza
il diverso suffisso kratos, che si riferisce
alla sovranità: democrazia equivale a sovranità del popolo.
Alcuni ritengono che già nella poesia di Solone si
trovino tracce di questa tripartizione; ma la prima
attestazione si trova in realtà in Pindaro, Pitica
II, 86 ss., del 475 circa.
Ma il confronto fra i tre tipi classici di costituzione non
costituisce procedimento privo di complessità. Al semplice
concetto di oligarchia (governo dei pochi) il pensiero greco (Erodoto)
finisce col preferire l'aristocrazia ovvero il governo dei
"migliori", gli áristoi.
Anche
per Platone
l'aristocrazia costituisce il contraltare positivo
dell'oligarchia, così come la monarchia è la declinazione in
positivo della tirannide; ma la democrazia riveste per il
fondatore dell'Accademia sempre un carattere negativo, in
quanto facilmente degenerabile anch'essa in tirannide. I tipi
di costituzione ammonterebbero quindi a cinque. Il ciclo
degenerativo completo è per Platone:
aristocrazia (governo dei migliori), timocrazia (governo dei
pochi selezionati in base al ruolo sociale), oligarchia
(governo di pochi selezionati sulla base della ricchezza),
democrazia e infine tirannide.
Il pensiero greco arriverà poi con Polibio anche a
superare un rapporto rigido di rifiuto/accettazione dei
classici modelli costituzionali. Si tratta del modello di
costituzione mista, in cui si cerca di costruire un modello di
sintesi cogliendo il meglio da ciascun tipo di costituzione.
Notevole è l'implicazione di rivalutazione della democrazia.
il modello di costituzione mista di Polibio è
senz'altro Roma, che unisce elementi democratici (i comizi),
oligarchici (il senato), monarchici (i consoli). L’idea
della costituzione mista determina un superamento del dibattito
sulla costituzione migliore. Se infatti ogni modello
costituzionale ha in sé valori e limiti, solo il superamento
delle contrapposizioni tra i diversi tipi permette una
valorizzazione, per selezione, degli aspetti migliori di
ciascuno.
Roberto Caracci
prolunga le ultime battute di un intervento che ha avuto il
pregio di unire un indiscutibile rigore accanto a una godibile
levità di discorso, spiegabile non solo con la lunga carriera
di docente che lo studioso ha alle spalle, ma anche con
un'innata capacità divulgativa che Roberto spende oggi in più
di un contesto. Alle sue spalle incombono i preparativi per la
pausa Aperithé. Un
appuntamento di metà evento a cui i soci della Compagnia del
the sono da tempo abituati.
Fatima esibisce i the artigianali freddi con cui si apre l'Aperithé.
Lungi dall'urtare con un evento dall'alto profilo civile, come
quello in corso, l'Aperithé offre
un momento di ristoro al pubblico. La cultura del the diventa
così un motivo di momentaneo distacco dagli argomenti finora
discussi. Ed è tutto un calarsi nelle proprietà di gusto e di
abbinamento degli speciali the di eccellenza preparati e
offerti da
"Arte & Professione del
the".
Ma il momento propizia anche una serie di curiosità di ritorno
sugli interventi della prima parte, soprattutto con riferimento
agli argomenti toccati da Roberto
Caracci.
Al momento della ripresa, Raffaele d'Isa
introduce la personalità di Antonio
Fiorella. Personaggio impegnato su più fronti, da
quello letterario a quello artistico fino alla critica
politologica della società contemporanea, Antonio Fiorella ha
fondato un sito in cui pullulano numerosi fermenti. Fiorella è
anche autore di un romanzo che, per le tematiche trattate e
l'ambientazione, è stato scelto per farne oggetto di una
lettura scenica proprio in questa occasione.
Il romanzo "Testacoda" è ambientato negli anni '80 e
ricostruisce tutto un insieme di umori tipico dell'epoca. Si
avvertono però ancora degli echi provenienti dagli anni '70 in
chi comunque ha vissuto quel decennio difficile e impegnativo.
Legge Sylvie
Capelli.
In alcuni aspetti della sua cornice storica, il romanzo assuona
con alcuni problemi dell'epoca moderna. Nell'immaginario degli
anni '80, il "pericolo giallo" dell'invasione dei mercati di
consumo occidentali era costituito dalla potenza economica
giapponese. Gli stessi timori — se non anche fobie
— si riproducono oggi nei confronti della Cina.
Ma Testacoda si riconferma — in una scrittura duttilmente
ironica e diretta — come uno spaccato a tutto tondo
dell'epoca che rappresenta: politica e giornalismo, epigone del
femminismo, ricerca di un senso nella vita attraverso l'arte,
fuga nell'astrologia...
La personalità di Antonio Fiorella
si esprime in una maniera più ampia e completa osservando le
sue iniziative quali, ad esempio, il sito Pro-vocazioni
letterarie. Di gran rilievo è poi la recente
iniziativa, condotta assieme a Fabio Battagion, del blog
"Nodoppioincarico",
dedicato alla problematica dell'accumulo di cariche elettive
e/o della contemporanea candidatura a più cariche elettive. Si
tratta di un problema già affrontato in seno al "Gruppo
Rispetto del mandato: esempi di cultura civile" attivo su FB e
fondato da Pino
Polistena.
In questo momento dell'evento emergono le più significative
motivazioni delle tematiche scelte e del luogo in cui
l'incontro è stato organizzato. Antonio Fiorella, come pure il
citato Fabio Battagion, aderiscono al "Gruppo Rispetto del
mandato: esempi di cultura civile" — attivo su FB —
che costituisce un singolare tipo di attivismo e di reazione
alla crisi contemporanea della politica. Esso non si pone
infatti sul piano della competizione politica, ma piuttosto su
quello dell'analisi e dell'indagine politologica. Animatore di
questo Gruppo — e infaticabile promotore di studi sulle
corrette forme della politica — è Pino Polistena,
alla cui persona la Compagnia del the ha dedicato questo
evento.
Già docente da decenni di storia e filosofia negli istituti
superiori italiani, Pino Polistena è
in realtà un vero e proprio filosofo che ha dedicato buona
parte della propria ricerca teorica al problema del tempo. Ma
Pino si è anche distinto per un vivo impegno politico in prima
persona, essendo stato dirigente nazionale dei Verdi in
stagioni ormai lontane. Oggi Pino Polistena si divide tra gli
impegni scolastici e amministrativi, come preside del Civico Liceo Linguistico A.
Manzoni di Milano in cui resta anche docente per le
materie di sua competenza, e la ricerca di un nuovo tipo di
rapporto col problema politico. Non più direttamente coinvolto
nella competizione partitica, l'approccio di Pino Polistena è
oggi di tipo metodologico e scientifico in vista di un
significativo contributo alla comprensione delle ragioni
profonde della crisi, maturato più che altro sul fronte
politologico.
Riproduciamo di seguito i contenuti dell'intervento di Pino Polistena
con le sue stesse parole. La Compagnia del the ha inteso, fino
a questo punto, creare il clima e il terreno per consentire a
Pino — vero dedicatario di questo evento — di
esprimere il suo personale punto di vista, che trova oggi un
certo seguito nel "Gruppo Rispetto del mandato: esempi di
cultura civile", sia attraverso contatti e dibattiti on line
sia attraverso l'attività di un più ristretto (ma non meno
rilevante) gruppo fisico attivo nell'area di Milano.
"Venti anni fa Ugo Stille mi propose di scrivere al Corriere
per diffondere un'idea eretica consigliandomi di riparlarne in
futuro. Sostenevo, da coordinatore dei Verdi, la necessità di
distinguere il ruolo partitico da quello istituzionale, cioè di
non consentire ai capi dei partiti la possibilità di ricoprire
ruoli parlamentari e governativi. Ancora oggi non è chiara la
mostruosità politica che consente alla stessa persona di
cumulare un ruolo partitico, uno parlamentare e uno governativo
perché non si comprende la differente natura di quelle
funzioni".
"Si tratta di un grave ritardo della teoria politica.
Naturalmente la riforma presuppone una «costituzionalizzazione»
del partito che ne fissi i compiti distinguendolo dalle
istituzioni elettive. Una legge sui partiti fu bloccata, in
costituente. Oggi sarebbe la riforma fondamentale perché le
altre, per quanto importanti, non potrebbero modificare il
sistema che si alimenta attraverso la patologica forma-partito.
Se eliminassimo tutti i privilegi che Stella e Rizzo hanno
denunciato, i partiti ne produrrebbero altri nel giro di un
anno (referendum sul finanziamento docet)".
"L'azione riformatrice della forma-partito fu affossata dagli
stessi Verdi che l'avevano proposta e oggi non risulta in
alcuna agenda politica. E allora bisogna mettere in guardia gli
italiani: senza quella riforma l'attuale sistema non potrà
cambiare. Sul Corriere Michele Ainis ha toccato alcuni di
questi temi appellandosi alla «fantasia costituzionale» di cui
oggi avremmo disperato bisogno. In effetti lasciare che alcuni
occupino a vita le istituzioni in virtù del loro controllo su
organi giuridicamente clandestini come i partiti, significa
attivare un meccanismo che permanentemente genera «casta»".
"Se questi argomenti appaiono troppo teorici si guardino i
risultati: l'Italia presenta il livello maggiore di
professionismo politico in Europa con presenze in Parlamento da
oltre un trentennio; ma quali sono stati i vantaggi per il
Paese? Oggi i politici hanno dovuto lasciare il campo a persone
nuove che governano con maggiore consenso dei cittadini
nonostante i sacrifici. Non è un fallimento questo?"
"Alcuni non professionisti, come Ciampi e Monti, lasceranno una
traccia maggiore sulla vita italiana di tanti altri abbarbicati
per decenni al Parlamento. Ritornare alla vita civile dopo
alcun tempo passato nelle istituzioni, adottare il sorteggio
tra competenti per le 90 mila nomine negli enti, praticare i
limiti dei mandati e specialmente il «rispetto del mandato» per
contrastare chi abbandona il mandato elettivo quando si profila
un'elezione più appetibile. Ecco cosa servirebbe. Ma non
illudiamoci: le riforme non verranno dai politici di
professione; l'unica strada è quella di un' organizzazione di
cittadini che le studi, le approfondisca, le invochi".
Con questa conclusione, le domande dei presenti a Pino Polistena
fanno lentamente scivolare il suo intervento in un dibattito
aperto. Alle spalle del relatore fervono tuttavia i preparativi
per la cerimonia conclusiva del the.
Ingresso in sala di Sylvie e Fatima
per un'infusione programmata di "fiori di the" a lavorazione
artistica.
Il the da infondere si presenta alla vista come una sorta di
"pallottola" molto serrata. In 7-8 minuti le foglie,
sapientemente legate fra loro, si dipaneranno lasciando
schiudere un fiore costruito artigianalemte con petali
esclusivamente a scopo estetico. In the non è infatti
aromatizzato, ma rilascia un raffinato sentore erbaceo appena
fruttato.
Pino Polistena
si concede un momento di piena partecipazione alla cerimonia
del the a lui dedicata.
La curiosità suscitata dalla singolare cerimonia del the
prescelta per l'occasione (ma dopotutto non nuova negli eventi
della Compagnia del the) è soddisfatta da alcune spiegazioni
fornite da Raffaele d'Isa,
circa il tipo di the, le modalità di infusione e, più in
generale, le proprietà chimiche dei the verdi (categoria a cui
appartiene il the infuso per l'occasione).
Il suggestivo aspetto dei "fiori di the" completamente aperti
viene fatto risaltare trasferendo il complesso delle foglie a
fine infusione in adeguati bicchieri contenenti acqua fredda,
nei quali la contemplazione può proseguire per il piacere di
tutti i presenti.
Come di consueto al termine di ogni evento della Compagnia del
the, il riaccendersi della convivialità si accompagna ad
appassionati ritorni sugli argomenti che hanno dato contenuto
all'incontro, coinvolgendo ancora gli autori dei diversi
interventi.
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