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Milano
15 aprile
2012
La Compagnia del the
è infine approdata sul "Tetto del mondo", e ha assemblato un
evento culturale dal taglio insolito. Grande attenzione è stata
prestata al profilo storico-culturale di un Paese molto
presente nell'immaginario dell'Occidente; ma si è cercato pure
di ricostruire in modo completo e oggettivo la complessa
situazione geopolitica in cui è inserito il Tibet.
Un importante spazio è stato poi dedicato all'impatto
sensoriale legato alle degustazioni tematiche e alla
presentazione dello Yantra yoga, una
variante tibetana dell'Hatha Yoga
indiano illustrata e spiegata da una delle più qualificate
praticanti in Italia: Susanna
Rizzi.
Ma il "viaggio in
Tibet" ha visto anche la presenza di un altro accompagnatore
d'eccezione: l'infaticabile viaggiatore, imprenditore del
turismo e fondatore di Aliviaggi Tour
Operator, Gianfranco Goffi.
A differenza del consueto
allestimento della sala, in questa occasione è stata disposta
al centro dello spazio un tatami di sei metri quadrati allo
scopo di offrire una dimostrazione di Yantra yoga
preparata da Susanna Rizzi.
Alcuni dettagli degli addobbi
tematici.
Nell'immagine seguente si possono osservare, sulle pareti della
sala, alcuni motivi floreali di tradizione tibetana e una
tavola di conversione dell'alfabeto tibetano in quello
sanscrito, integrata con le translitterazioni di ogni singola
lettera in caratteri latini.
In un angolo della parete è visibile una tavola illustrativa
delle sequenze di Yantra yoga. Lo
yoga tibetano è uno yoga dinamico che sintetizza in gruppi di
sequenze ritmate svariate āsana
sostanzialmente riconducibili alle classiche posture statiche
dell'Hatha Yoga
indiano. Sopra la tavola si può osservare "Shaking hands", scultura
avanguardistica degli Artisti di
Aperithé.
L'evento ha inizio senza introduzione, ma con un'azione diretta
di sequenze Yantra yoga.
Susanna Rizzi prende innanzitutto posto al centro del tatami, e
mette in risonanza una tipica campana tibetana per destare
l'attenzione del pubblico tutto distribuito lungo il perimetro
della sala. Sullo sfondo si nota Raffaele d'Isa
al basso elettrico. Lo Yantra yoga è
una disciplina dinamica e ritmata. In quest'occasione uno
schema ritmico polifonico su basso dà il tempo ai movimenti
della yogini.
Notevole è la sorpresa del pubblico per una forma di yoga così
dinamica e ancora relativamente poco conosciuta in Italia.
Anche l'accompagnamento musicale aggiunge una nota insolita
alla performance.
Shavasana, la posizione del morto, è il punto di arrivo di ogni
sequenza yoghica. Concentrandosi sul peso del proprio corpo su
ogni centimetro quadrato del tatami su cui è completamente
rilassata, la yogini consolida e distribuisce l'intera energia
accumulata nell'esecuzione delle precedenti āsana.
Solo al termine della performance viene data una spiegazione su
quanto è accaduto. Il pubblico ha vissuto le sequenze musicate
di Yantra yoga solo
in termini intuitivi ed emozionali. Ora Susanna Rizzi parla di
questo singolare yoga tibetano, illustra i diversi passaggi
eseguiti e fornisce un insieme di altre preziose informazioni.
L'esperta cerca così di sintetizzare una disciplina praticata
in seno alla dottrina dello Dzogchen. Questa
tradizione è solo con difficoltà approssimabile ad una scuola
di Buddhismo
tibetano, costituendo in realtà un complesso rituale
che tocca anche elementi e argomenti pre-buddhisti ed
extra-buddhisti.
E' il momento della parola in narrativa... Sylvie Capelli
cattura l'attenzione del pubblico con una serie di letture
sceniche che hanno ad oggetto delle tradizionali fiabe della
cultura tibetana.
Le fiabe tibetane costituiscono un utile percorso di
avvicinamento a tanti contenuti della filosofia buddhista,
nella sua declinazione tibetana. Ma questi testi (si ricordano,
ad esempio, La volpe
stolta, Il corvo e la
rana, La matrigna
cattiva) sono anche vie d'accesso a più antiche leggende
tibetane, collegate ad epoche antecedenti il buddhismo in cui
dominavano i culti sciamanici e animisti della tradizione Bön.
Il consueto intervallo Aperithé ha
visto, in particolare, la presentazione di una versione
parzialmente adattata del tipico the tibetano al burro di yak.
In assenza di un additivo così tipico del Paese himalayano, è
stato adoperato del burro chiarificato. Questo the viene
sorbito con l'aggiunta di sale. La degustazione offerta è, in
altri termini, immaginabile come l'assaggio di una particolare
"minestra" tibetana.
Pentola dalla quale è stata servita la versione di the tibetano
assemblata dagli Artisti di
Aperithé.
Non sono mancate altre tipologie di the offerti, come al
solito, da Arte & Professione del
the. Sono stati preparati, in particolare, the verdi
cinesi e the oolong la cui degustazione è stata comunque
coerente con la massiccia presenza odierna di popolazione
cinese in terra tibetana.
Anche i piatti preparati in occasione dell'evento riflettono
l'odierna commistione di stili cinese e tibetano. Un pollo
speziato che si avvicina a ricette di gusto cinese accanto ad
abbondanti porzioni di orzo perlato. Questo cereale è infatti
la più tradizionale riserva di carboidrati in Tibet, data la
sua attitudine ad essere coltivato a basse temperature.
Al momento della ripresa prende la parola Raffaele d'Isa,
che dà inizio ad un'illustrazione sintetica della complessa
storia tibetana.
La cosiddetta "questione tibetana" costituisce da decenni
argomento complesso e controverso. La Compagnia del the ha
scelto di approfondire la materia per cercare di ricostruire un
quadro della situazione il più possibile oggettivo, mettendo a
confronto senza nessun pregiudizio le diverse posizioni delle
autorità governative cinesi, del popolo tibetano e della
comunità dei monaci lama che esprimono la particolare forma del
Buddhismo
tibetano.
La storia del Tibet si rivela a chiunque vi si avvicini come un
complesso groviglio di relazioni tra popoli confinanti. A
partire da una certa epoca il Tibet non ha mai fatto a meno di
una protezione da parte dei suoi più potenti vicini, si
trattasse dei guerrieri mongoli o dell'impero cinese.
E, se il popolo tibetano incarna senz'altro una civiltà
nettamente distinta da quella cinese e a questa difficilmente
assimilabile, è pur vero che — a partire da epoche non
recenti — una vera e propria autonomia politica del Paese
dalla Cina in senso tecnico non sembra rivendicabile su basi
storicamente attendibili.
Si ripercorrono anche le vicende storiche che hanno portato ai
drammatici anni della guerriglia contro la Cina, fino alla
definitiva sottomissione del Tibet all'autorità della
repubblica popolare cinese. Prima della fuga dal Paese,
l'ultimo Dalai Lama
sembrò per un periodo voler avvicinare i valori del buddhismo
storico ai principi della dottrina marxista, alla ricerca di
una forma di collaborazione con Mao Tse-tung.
Rinunciando a un'idea di definizione di antiche controversie
sulla base di una rigida impostazione fondata sul diritto
internazionale, l'auspicio con cui si è concluso l'intervento
ha fatto riferimento alla comune aspirazione del popolo cinese
e del popolo tibetano ad una più ampia affermazione dei
principi di democrazia nel quadro di un rafforzamento di
diritti individuali tradizionalmente soffocati in entrambi i
Paesi, malgrado le profonde differenze tra le vicende storiche
interne della Cina e del Tibet.
Il dibattito sul Tibet contemporaneo prosegue con il prezioso
contributo di Gianfranco Goffi. Ben noto alla Compagnia del the
per i suoi diversi interventi in materia storico-geografica, il
presidente di Aliviaggi Tour
Operator ritorna su alcuni aspetti della storia
antica del Tibet, facendo alcune precisazioni, ma confermando
sostanzialmente che i rapporti fra Cina e Tibet sono talmente
complessi da non poter essere semplificati frettolosamente come
spesso accade oggi.
Come è accaduto in precedenti interventi, Gianfranco Goffi
affianca ad una fine conoscenza dei tratti storici del Paese
una ricca aneddotica di esperienze personali sul territorio del
Tibet con cui personalizza le descrizioni geografiche. Per le
sue ripetute visite al "Tetto del mondo", Gianfranco è infatti
il più autorevole tra i relatori di questo incontro.
Le vie d'accesso al Paese vengono indicate e descritte in tutta
la loro varietà. Anche l'arrivo in Tibet via terra ha il suo
fascino, sebbene riservi qualche fatica. Al viaggiatore viene
comunque sottoposta un'ampia latitudine di scelte, fra ingressi
e itinerari in Tibet.
Le domande del pubblico arrivano puntuali a lanciare Gianfranco
in tutta una serie di approfondimenti che soddisfano le più
disparate curiosità. Da un certo momento in poi, si affianca a
Gianfranco di nuovo Susanna Rizzi.
Susanna interviene, in particolare, su di una figura femminile
vissuta a cavallo fra '800 e '900: la francese Alexandra
David-Néel.
Singolare esempio di studiosa, artista, viaggiatrice, cultrice
di dottrine orientali ed esoterista, Alexandra
David-Néel raggiunse per la prima volta il Tibet nel
1924, e soggiornò ancora nel Paese diversi anni più tardi,
durante la seconda guerra mondiale.
Susanna mostra un libro di foto originali, scattate da
Alexandra David-Néel in bianco e nero, che costituiscono un
pregevole patrimonio di informazioni su di un Tibet oggi
scomparso. Alcuni fotografi di professione hanno tentato di
ricostruire a colori una simile galleria di immagini
ripercorrendo il viaggio della studiosa europea. Alexandra
David-Néel entrò con certezza in possesso di alcuni segreti
dello sciamanesimo tibetano ben noti ai monaci buddhidti, e che
sono anche alla base di precise pratiche esoteriche.
Dato l'elevato livello di suggestione raggiunto in sala, non si
procede alla consueta cerimonia del the per non distogliere
l'attenzione dei presenti dalle parole di Susanna Rizzi.
L'infuso viene preparato con discrezione e poi servito in sala.
E, mentre la yogini riconquista la posizione del loto per
coinvolgere il pubblico in alcuni esercizi di gesticolazione
rituale, Gianfranco Goffi riprende la parola sorseggiando il
suo the.
E al dibattito si alternano, nella fase conclusiva, di nuovo
esempi di pratica Dzogchen in cui
si ritrova coinvolto spontaneamente il pubblico durante il
servizio del the. Dopo la "difficoltà" di degustazione del the
tibetano durante l'Aperithé, una
nota di dolcezza finale è somministrata in sala con la
presentazione di un the verde profumato al gelsomino.
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