Ho
voluto iniziare questo breve discorso sulla Grande Dea con
queste parole tratte da un inno gnostico1
), in quanto le ritengo una sintesi straordinaria di che cosa
s'intenda per Grande Dea: io sono Inizio, Fine; Onorata,
Disprezzata; Vita, Morte. A chiarificazione di quanto sopra,
aggiungerò ancora tre fra i moltissimi nomi con i quali è stata
chiamata e invocata nei millenni più recenti: “Signora
del cielo”, “Grande Madre” e “Padrona
delle Tenebre”. È l'onnipresente Energia che tutte le
Manifestazioni che noi conosciamo della Vita, incarnano
quaggiù, quell'Energia che dà alle nostre capacità quello
slancio che ci proietta da un lontanissimo passato verso il
futuro. La Grande Dea è un'immagine tipicamente ciclica e
totalizzante (nascita-vita-morte-rinascita) che è stata
scacciata dalla Volta Celeste, se pur ancora rappresentata in
epoca storica ormai di predominante istituzione patriarcale
nella dea egizia Nut che raffigurava appunto la Volta Celeste
con il capo ad occidente dove ogni sera inghiottiva il sole per
partorirlo di nuovo ogni mattino ad Oriente. Essa è stata
alterata nel corso di alcuni millenni frammentando le sue
infinite funzioni ed aspetti nelle varie Dee e sottraendole
molte altre a favore del Dio Maschile, divenuto così
predominante. Grazie però al fatto che, se pur allo stato
latente rimossa — che lo volessimo o no — è rimasta
nel nostro inconscio, sembra stia ora riemergendo nella sua
unitarietà, se pur a fatica. Personalmente mi auguro che la sua
funzione riequilibratrice (ecco un'altra delle sue fondamentali
caratteristiche) possa continuare, ora che sta riaffiorando
alla nostra coscienza, ed aver sempre più peso.
Credo
infatti che gli eccessi cui ci ha condotti nel bene e nel male
la mentalità di tipo maschile per troppi secoli (circa 50)
predominante con le sue caratteristiche di violenza
distruttrice e comportamenti predatori di tipo parassitario,
dettati da una fredda egoistica ed infantile
“razionalità” sol che si voglia vederli, sono sotto
gli occhi di tutti: deforestazioni, monoculture clonate,
inquinamenti di tutti i generi, sprechi, ecc.
Che
lo si voglia o no questi eccessi, cui dobbiamo il cosiddetto
benessere dell'Occidente 2,
debbono cessare; e questo può avvenire solamente grazie ad un
mutamento globale di mentalità quale ci indica — con una
visione concretamente fattiva, più lungimirante ed altruistica
e non meschina — il pensiero al femminile.
La
funzione essenziale di questo pensiero — ben inteso
quando non scimmiotta il maschio, ma rimane quale Natura l'ha
fatto nell'impermanenza del tutto cui sa adeguarsi —
vorrei sintetizzare così: mantenere una vita possibile nelle
sue infinite sfaccettature e varietà, nutrita dall'Amore che la
limita se troppo esuberante e la riscalda quando la Notte ci
circonda; perché vi sia spazio per la gioia oltre che per tanto
dolore: “Io sono la Madre, la Grande Madre, la Madre di
tutti gli dei e di tutto quanto esiste da sempre”.
E
ora passiamo ad alcune delle sue manifestazioni ricordando che
il suo culto, archeologicamente dimostrato, era diffuso in
tutta quanta l'Europa, nell'Africa, nell'Asia ed in particolare
nel Mare Nostrum, ove più a lungo persistette nelle isole:
Sardegna, Malta, Isole dell'Egeo e a Creta, appunto.
Esso
non appare però limitato al Neolitico (dal VII millennio in
poi), a seguito della diffusione dell'agricoltura e
domesticazione degli animali nonché della invenzione della
ceramica, ma statuette in avorio di Mammut con spiccata
accentazione delle funzioni materne sono attestate con ampia
diffusione in strati di abitazioni di più di 20000 anni fa, e
quindi del Paleolitico superiore (pietra scheggiata), quali
probabili testimoni di un culto domestico della fertilità
legato a quello delle antenate.
La
cultura Minoica invece (cui seguì quella Micenea) è molto più
recente ovverossia dal 3000 circa (m. antico) al 1400:
corrisponde cioè alla fine dell'età del rame e a tutto il
periodo del bronzo.
Mi
servirò di questo arazzo (il terzo da sinistra a
questo link), frutto del paziente lavoro e sintetico
ingegno della mia personale Grande Dea di nome Marianne, per
illustrarvela, in modo estremamente ristretto, limitatamente
all'immenso tema prescelto.
Eccola
al centro nel suo aspetto basilare di Dea Uccello: si tratta di
una brocca (oggetto di culto del III millennio) con occhi
enormi, simbolo di potenza, becco e ali; ma uccello, quindi
generante uova simbolo primordiale, con capezzoli forati da cui
durante il rito veniva versato ovviamente latte. Vasi
mammillari di questo tipo sono stati rinvenuti dal VI millennio
in tutta Europa e lungo circa 5000 anni; e centinaia di essi a
Thera-Santorini, strettamente legata e Creta per l'esplosione
del vulcano del 1550 e per il maremoto che ne seguì, decretando
il declino — se non la fine — della civiltà Minoica
stessa e l'espansione di quella proto greca dei Micenei, dopo
la caduta di Cnosso nel 1400.
Richiamo
ora la vostra attenzione su questa immagina stilizzata di corna
di toro: il toro è onnipresente nella mitologia minoica
rielaborata ed imbestialita dagli Achei, come Omero chiamava i
Greci. Corna di toro, da sempre simbolo di potenza. Ma, ben
prima di Zeus toro bianco rapitore di Europa, di Zeus signore
dei fulmini fecondanti la terra, il toro rappresentò la potenza
generatrice e rigeneratrice della Grande Dea. Questo
accostamento ha più ragioni.
1)
Per la somiglianza tra gli organi riproduttori interni
femminili ed il cranio bovino con le corna; questo spesso
inciso nella parte bassa di alcuni vasi femminili, quindi
proprio nella giusta posizione.
2)
Per il fatto che molti bucrani sono stati trovati ed incisi
all'interno di tombe, per esempio in Sardegna, ed in templi
anatolici: tomba-caverna = ventre materno (Gesù).
3)
Per il fatto che il geroglifico egizio significhi
utero.
4)
Pensiamo inoltre al segno dell'Orizzonte egizio, là dove
rinasce il sole, segno che è esattamente come questo. Il toro
quindi in origine è simbolo della forza del divenire, della
rinascita, non di un Dio. E, prima ancora di questo, le corna
taurine sono il simbolo del crescente lunare, la luna trina
accolta, quando piena (= gravida), appunto tra esse — e
sorvolo sui troppo evidenti rapporti tra ciclo lunare e ciclo
femminile di 28 giorni.
5)
C'è poi l'osservazione che, dalla carcassa del toro
sacrificato, nascevano in modo inspiegabile degli insetti!
E
qui, prima di concludere, — poiché, come avrete capito,
non finiremmo più di parlare di questa immagine per me
straordinaria, questa immagine assolutamente archetipale
— vi dirò qualcosa sull'ape quale emissaria della Dea,
regina appunto circondata dalle sue fedeli
“Melissae” = api, come venivano chiamate le
sacerdotesse di Demetra (a sua volta definita anche
“madre delle api” stesse). Porfirio, filosofo
neoplatonico allievo di Plotino, nel IV secolo dopo Cristo così
scriveva: “la Luna, tra i cui compiti vi era quello di
portare alla nascita, era dagli antichi chiamata melissa
perché… la luna è un toro e le api sono generate dal
toro” portandoci così indietro nel tempo a pensieri che
dopo millenni rendeva attuali.
Da
ultimo, fissiamo la nostra attenzione su quest'altra immagine:
l'ascia bipenne (o labris greco) altro diffusissimo simbolo
cretese. Questa, così come qui rappresentata, ci appare nella
forma sua più evoluta nell'età del bronzo: quella in terracotta
(quindi solamente per il culto). E quelle ricavate dalla pietra
erano anche decorate con incisioni a forma di vulva (e persino
circondata da possibili peli (Bretagna bronzo medio). La
bipenne è ancora Lei! Qui molto opportunamente rappresentata da
Marianne fra le corna dorate (altro segno di morte) del toro,
quale epifania della Grande Dea.
Vorrei
poi attirare l'attenzione su di una brocca del tardo minoico
(1400) di Aghia Triada di colore nero (ovverossia della
fertilità), per spiegare meglio i legami che intercorrono tra
l'ape — altrove stilizzata in forma di clessidra (due
triangoli contrapposti in verticale ,
talvolta anche con braccia e zampe d'uccello) — e le ali
di farfalla (pure a clessidra ma costituita da triangoli
contrapposti in orizzontale ).
Queste stesse farfalle spesso si trovano dipinte al centro di
bucrani in nero e con l'ocra rossa della vita o al fondo di
piatti votivi, quali predecessori femminili ed evoluzione della
qui presente pibenne, così che queste immagini si presentano
intercambiabili e rappresentanti sempre quindi la nascita e la
rigenerazione, sottolineata qui da due immagini ovali e da una
triangolare nelle quali il bianco della morte si alterna al
nero della fertilità.
Dall'uovo-crisalide nasce quindi la farfalla che in greco si
chiama ψυχή (psyché), quella farfalla che
ornava alcune tombe greche, romane e paleocristiane. La stessa
parola significa infatti anche soffio e anima…
Voliamo quindi leggeri, spinti dalla potenza taurina della Dea,
sulle ali di questo soffio che è anche quel qualcosa che ci
anima dal più profondo della nostra psiche. Voliamo verso un
futuro che vorremmo più equilibrato, quindi più giusto, sapendo
che l'impermanenza nostra è quella del tutto e ha il colore dei
sogni, e che questi sono la più straordinaria realtà della
nostra vita.
NOTE
1La
gnosi è conoscenza misterica: sacra; come dice il nome
sottolinea l'elemento “conoscitivo” nella ricerca
del divino come processo di illuminazione interiore, spesso
raggiunta con procedimenti misterici (illuminazione riservata a
pochi iniziati e fonte di salvezza); si ritrova in alcune
religioni (induismo, buddismo) e in alcune tradizioni
(ebraiche, islamiche, cristiane). Essa è caratterizzata da un
forte dualismo spirito-materia ed ebbe massimo sviluppo in
epoca ellenistico-romana fino al III secolo P.CH.; ci è nota
soprattutto attraverso le polemiche dei padri della chiesa
(Ireneo, Tertulliano, Agostino).
2Una
forma squilibrata — quindi negativa — anche al
femminile (ma comunque gestita da maschi) della madre
nutritiva, può essere attualmente riconosciuta nell'immagine
del supermercato: questa macchina economica della tentazione
che, nutrendo, uccide anche i figli suoi ingrassandoli a
dismisura e a scapito di tanti affamati.