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Lucio Capelli




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La Grande Dea in Creta

(saggio critico letto da Lucio Capelli in occasione dell'evento "La civiltà che a tutto diede inizio", svoltosi a Milano il 19/04/2009 presso la sede della Compagnia del the)

Ho voluto iniziare questo breve discorso sulla Grande Dea con queste parole tratte da un inno gnostico1 ), in quanto le ritengo una sintesi straordinaria di che cosa s'intenda per Grande Dea: io sono Inizio, Fine; Onorata, Disprezzata; Vita, Morte. A chiarificazione di quanto sopra, aggiungerò ancora tre fra i moltissimi nomi con i quali è stata chiamata e invocata nei millenni più recenti: “Signora del cielo”, “Grande Madre” e “Padrona delle Tenebre”. È l'onnipresente Energia che tutte le Manifestazioni che noi conosciamo della Vita, incarnano quaggiù, quell'Energia che dà alle nostre capacità quello slancio che ci proietta da un lontanissimo passato verso il futuro. La Grande Dea è un'immagine tipicamente ciclica e totalizzante (nascita-vita-morte-rinascita) che è stata scacciata dalla Volta Celeste, se pur ancora rappresentata in epoca storica ormai di predominante istituzione patriarcale nella dea egizia Nut che raffigurava appunto la Volta Celeste con il capo ad occidente dove ogni sera inghiottiva il sole per partorirlo di nuovo ogni mattino ad Oriente. Essa è stata alterata nel corso di alcuni millenni frammentando le sue infinite funzioni ed aspetti nelle varie Dee e sottraendole molte altre a favore del Dio Maschile, divenuto così predominante. Grazie però al fatto che, se pur allo stato latente rimossa — che lo volessimo o no — è rimasta nel nostro inconscio, sembra stia ora riemergendo nella sua unitarietà, se pur a fatica. Personalmente mi auguro che la sua funzione riequilibratrice (ecco un'altra delle sue fondamentali caratteristiche) possa continuare, ora che sta riaffiorando alla nostra coscienza, ed aver sempre più peso.

Credo infatti che gli eccessi cui ci ha condotti nel bene e nel male la mentalità di tipo maschile per troppi secoli (circa 50) predominante con le sue caratteristiche di violenza distruttrice e comportamenti predatori di tipo parassitario, dettati da una fredda egoistica ed infantile “razionalità” sol che si voglia vederli, sono sotto gli occhi di tutti: deforestazioni, monoculture clonate, inquinamenti di tutti i generi, sprechi, ecc.

Che lo si voglia o no questi eccessi, cui dobbiamo il cosiddetto benessere dell'Occidente 2, debbono cessare; e questo può avvenire solamente grazie ad un mutamento globale di mentalità quale ci indica — con una visione concretamente fattiva, più lungimirante ed altruistica e non meschina — il pensiero al femminile.

La funzione essenziale di questo pensiero — ben inteso quando non scimmiotta il maschio, ma rimane quale Natura l'ha fatto nell'impermanenza del tutto cui sa adeguarsi — vorrei sintetizzare così: mantenere una vita possibile nelle sue infinite sfaccettature e varietà, nutrita dall'Amore che la limita se troppo esuberante e la riscalda quando la Notte ci circonda; perché vi sia spazio per la gioia oltre che per tanto dolore: “Io sono la Madre, la Grande Madre, la Madre di tutti gli dei e di tutto quanto esiste da sempre”.

E ora passiamo ad alcune delle sue manifestazioni ricordando che il suo culto, archeologicamente dimostrato, era diffuso in tutta quanta l'Europa, nell'Africa, nell'Asia ed in particolare nel Mare Nostrum, ove più a lungo persistette nelle isole: Sardegna, Malta, Isole dell'Egeo e a Creta, appunto.

Esso non appare però limitato al Neolitico (dal VII millennio in poi), a seguito della diffusione dell'agricoltura e domesticazione degli animali nonché della invenzione della ceramica, ma statuette in avorio di Mammut con spiccata accentazione delle funzioni materne sono attestate con ampia diffusione in strati di abitazioni di più di 20000 anni fa, e quindi del Paleolitico superiore (pietra scheggiata), quali probabili testimoni di un culto domestico della fertilità legato a quello delle antenate.

La cultura Minoica invece (cui seguì quella Micenea) è molto più recente ovverossia dal 3000 circa (m. antico) al 1400: corrisponde cioè alla fine dell'età del rame e a tutto il periodo del bronzo.

Mi servirò di questo arazzo (il terzo da sinistra a questo link), frutto del paziente lavoro e sintetico ingegno della mia personale Grande Dea di nome Marianne, per illustrarvela, in modo estremamente ristretto, limitatamente all'immenso tema prescelto.

Eccola al centro nel suo aspetto basilare di Dea Uccello: si tratta di una brocca (oggetto di culto del III millennio) con occhi enormi, simbolo di potenza, becco e ali; ma uccello, quindi generante uova simbolo primordiale, con capezzoli forati da cui durante il rito veniva versato ovviamente latte. Vasi mammillari di questo tipo sono stati rinvenuti dal VI millennio in tutta Europa e lungo circa 5000 anni; e centinaia di essi a Thera-Santorini, strettamente legata e Creta per l'esplosione del vulcano del 1550 e per il maremoto che ne seguì, decretando il declino — se non la fine — della civiltà Minoica stessa e l'espansione di quella proto greca dei Micenei, dopo la caduta di Cnosso nel 1400.

Richiamo ora la vostra attenzione su questa immagina stilizzata di corna di toro: il toro è onnipresente nella mitologia minoica rielaborata ed imbestialita dagli Achei, come Omero chiamava i Greci. Corna di toro, da sempre simbolo di potenza. Ma, ben prima di Zeus toro bianco rapitore di Europa, di Zeus signore dei fulmini fecondanti la terra, il toro rappresentò la potenza generatrice e rigeneratrice della Grande Dea. Questo accostamento ha più ragioni.

1) Per la somiglianza tra gli organi riproduttori interni femminili ed il cranio bovino con le corna; questo spesso inciso nella parte bassa di alcuni vasi femminili, quindi proprio nella giusta posizione.

2) Per il fatto che molti bucrani sono stati trovati ed incisi all'interno di tombe, per esempio in Sardegna, ed in templi anatolici: tomba-caverna = ventre materno (Gesù).

3) Per il fatto che il geroglifico egizio utero significhi utero.

4) Pensiamo inoltre al segno dell'Orizzonte egizio, là dove rinasce il sole, segno che è esattamente come questo. Il toro quindi in origine è simbolo della forza del divenire, della rinascita, non di un Dio. E, prima ancora di questo, le corna taurine sono il simbolo del crescente lunare, la luna trina accolta, quando piena (= gravida), appunto tra esse — e sorvolo sui troppo evidenti rapporti tra ciclo lunare e ciclo femminile di 28 giorni.

5) C'è poi l'osservazione che, dalla carcassa del toro sacrificato, nascevano in modo inspiegabile degli insetti!

E qui, prima di concludere, — poiché, come avrete capito, non finiremmo più di parlare di questa immagine per me straordinaria, questa immagine assolutamente archetipale — vi dirò qualcosa sull'ape quale emissaria della Dea, regina appunto circondata dalle sue fedeli “Melissae” = api, come venivano chiamate le sacerdotesse di Demetra (a sua volta definita anche “madre delle api” stesse). Porfirio, filosofo neoplatonico allievo di Plotino, nel IV secolo dopo Cristo così scriveva: “la Luna, tra i cui compiti vi era quello di portare alla nascita, era dagli antichi chiamata melissa perché… la luna è un toro e le api sono generate dal toro” portandoci così indietro nel tempo a pensieri che dopo millenni rendeva attuali.

Da ultimo, fissiamo la nostra attenzione su quest'altra immagine: l'ascia bipenne (o labris greco) altro diffusissimo simbolo cretese. Questa, così come qui rappresentata, ci appare nella forma sua più evoluta nell'età del bronzo: quella in terracotta (quindi solamente per il culto). E quelle ricavate dalla pietra erano anche decorate con incisioni a forma di vulva (e persino circondata da possibili peli (Bretagna bronzo medio). La bipenne è ancora Lei! Qui molto opportunamente rappresentata da Marianne fra le corna dorate (altro segno di morte) del toro, quale epifania della Grande Dea.

Vorrei poi attirare l'attenzione su di una brocca del tardo minoico (1400) di Aghia Triada di colore nero (ovverossia della fertilità), per spiegare meglio i legami che intercorrono tra l'ape — altrove stilizzata in forma di clessidra (due triangoli contrapposti in verticale clessidra, talvolta anche con braccia e zampe d'uccello) — e le ali di farfalla (pure a clessidra ma costituita da triangoli contrapposti in orizzontale farfalla ). Queste stesse farfalle spesso si trovano dipinte al centro di bucrani in nero e con l'ocra rossa della vita o al fondo di piatti votivi, quali predecessori femminili ed evoluzione della qui presente pibenne, così che queste immagini si presentano intercambiabili e rappresentanti sempre quindi la nascita e la rigenerazione, sottolineata qui da due immagini ovali e da una triangolare nelle quali il bianco della morte si alterna al nero della fertilità.

Dall'uovo-crisalide nasce quindi la farfalla che in greco si chiama ψυχή (psyché), quella farfalla che ornava alcune tombe greche, romane e paleocristiane. La stessa parola significa infatti anche soffio e anima…

Voliamo quindi leggeri, spinti dalla potenza taurina della Dea, sulle ali di questo soffio che è anche quel qualcosa che ci anima dal più profondo della nostra psiche. Voliamo verso un futuro che vorremmo più equilibrato, quindi più giusto, sapendo che l'impermanenza nostra è quella del tutto e ha il colore dei sogni, e che questi sono la più straordinaria realtà della nostra vita.

NOTE

1La gnosi è conoscenza misterica: sacra; come dice il nome sottolinea l'elemento “conoscitivo” nella ricerca del divino come processo di illuminazione interiore, spesso raggiunta con procedimenti misterici (illuminazione riservata a pochi iniziati e fonte di salvezza); si ritrova in alcune religioni (induismo, buddismo) e in alcune tradizioni (ebraiche, islamiche, cristiane). Essa è caratterizzata da un forte dualismo spirito-materia ed ebbe massimo sviluppo in epoca ellenistico-romana fino al III secolo P.CH.; ci è nota soprattutto attraverso le polemiche dei padri della chiesa (Ireneo, Tertulliano, Agostino).

2Una forma squilibrata — quindi negativa — anche al femminile (ma comunque gestita da maschi) della madre nutritiva, può essere attualmente riconosciuta nell'immagine del supermercato: questa macchina economica della tentazione che, nutrendo, uccide anche i figli suoi ingrassandoli a dismisura e a scapito di tanti affamati.


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