(saggio critico letto da Lucio Capelli in
occasione dell'incontro con Paolo Dune, svoltosi a Milano
l'08/11/2009 presso la sede della Compagnia del
the)
È questo il
titolo che ho voluto dare al mio intervento, e ne capirete poi
la ragione; ma prima facciamoci una domanda: perché romanzi
come “Il Codice Da Vinci” e “Angeli e
Demoni” di Dan Brown - ai quali si rifà anche “Il
Primo Angelo” di Paolo Dune, vuoi come struttura (sono
dei gialli) che come tematica, servendosi di pensieri
cosiddetti “eretici” - hanno tanto
successo?
La
mia personale risposta è che questo genere, a metà tra le
realtà storiche e la fantasia di chi le sceglie e le interpreta
anche con una vena di ironia, risponda ad una esigenza di molti
uomini dell'”Occidente” di oggi divenuti, almeno in
parte, meno dipendenti dal potere costituito e quindi più
aperti ad accettare le problematiche religiose, problematiche
da sempre centrali in ogni cultura. Come sappiamo le classi
dominanti da sempre si sono servite della paura, spesso anche
artatamente causata, per esercitare e mantenere il loro potere
temporale. Ed il fatto di dichiarare “rivelazioni di
Dio” - quindi indiscutibili - le “verità
ultime” da loro stesse legittimate e propagandate, è
stata una mossa molto abile che è servita in saecula saeculorum a tenere
assoggettati tutti gli altri uomini. Un esempio per tutti è
dato dal fatto che, appena la tecnica della stampa inventata da
Gutenberg si diffuse, Pio IV e Pio V istituirono la
Congregazione dell'Indice che dichiarava quali scritti
potessero essere letti e quali dovevano invece essere bruciati,
possibilmente con i loro autori. E pensare che allora
l'analfabetismo - e fino a non molti anni fa - era estremamente
diffuso nella stessa Europa. Ma il timore che idee diverse
potessero dilatarsi è sempre andato a braccetto con i misfatti
perpetrati a danno dei più deboli. E la censura tutt'ora
accompagna, se non noi occidentali in modo palese, certamente
paesi da noi non molto lontani.
Il
Diavolo è un archetipo, un'idea cioè valida per tutta quanta
l'Umanità, come Dio stesso. È conosciuto sotto mille nomi e
assume, senza che ce ne accorgiamo, diecimila forme; è sempre
attuale ed è uno splendido parafulmine sul quale sono stati
scaricati di volta in volta i nostri disagi lungo tutta quanta
la storia, in qualunque tempo e luogo sia vissuto l'uomo. Non è
un caso se è stato infatti chiamato “Signore di questo
mondo”, oltre che “Principe dei Demoni” da
Matteo (12-24).
Nel
libro “Il Primo Angelo”, oltre al protagonista,
Paolo Dune fa agire tre di questi demoni: Barbatos, Asmodeo e
Astaroth di cui sarebbe interessantissimo parlare1
partendo proprio dall'etimo del nome. In uno scritto pubblicato
ad Amsterdam nel 1660 dal medico Joannis Wieri, con la precisa
intenzione di sfatare la cruenta leggenda della stregoneria, ne
figurano ben 68, ciascuno con un nome diverso. Sono andato
quindi alla ricerca di qualcosa che li accomunasse ed il
risultato è stato che i loro nomi, deformati, erano quelli di
divinità che, nei medesimi luoghi in cui erano diffusi i nomi
dei demoni, erano state in precedenza adorate.
Demonizzarle2
è stata le tecnica impiegata dalle popolazioni subentrate ad
altre. Un solo esempio: il nome Beel-Zebub, usato nella
“Vulgata” quale sinonimo di Satana, è composto da
due parole di cui la prima, che significa
“Signore”, è il nome della divinità Cananea e
Fenicia della Fertilità e della Pioggia Baal alla quale gli
Ebrei, penetrati nella Terra Promessa, aggiunsero
“Zevuv” che significa “mosche” oppure
“Zevul” che vuol dire “letamaio”.
Un
altro sistema per indebolire i culti precedenti ed affermare il
proprio, questa volta messo in atto dai Cristiani, è stato
quello di demonizzare un intero popolo - ovviamente gli Ebrei -
che nell'Apocalisse canonica (2,9) vengono definiti
“Sinagoga di Satana”, cui fa eco nel IV secolo San
Giovanni Crisostomo, campione dell'anti-semitismo giunto fino a
noi. Non dobbiamo infatti dimenticare che uno dei metodi da
sempre usati contro coloro che consideriamo nemici è quello di
attribuire loro le colpe di cui desideriamo liberarci. È per
questo che abbiamo creato il diavolo3.
Dal
momento che questo argomento riguarda una delle eterne e
basilari domande esistenziali dell'uomo, e cioè quale debba
essere il comportamento umano e quale significato noi diamo al
bene e al male, la materia tende a dilatarsi ben oltre i limiti
concessimi in questa sede.
Non
si procederà quindi qui ad analizzare la figura del Diavolo,
così come essa è esposta nelle varie culture, né si esaminerà
il dualismo che impronta di sé almeno in parte anche i
principali monoteismi, ma mi limiterò a fare qualche sintetico
cenno su come questo archetipo si è venuto sviluppando nella
religione ebraica e nel successivo cristianesimo parallelamente
a quello di Dio.
È
la dicotomia individualmente sperimentata da ciascuno nel
proprio intimo - quasi fossimo intrinsecamente costituiti da
due anime orientate in senso divergente, l'una verso il basso e
l'altra verso l'alto (alto cui attribuiamo una superiorità
anche morale su ciò che definiamo basso) - che rende forse così
coinvolgente questa ricerca, per condurre la quale non ho fatto
a meno di concetti estratti anche da uno straordinario saggio
di una allieva di Jung, Rinkah Scharf, dal titolo “La
figura di Satana nel Vecchio Testamento” contenuto nel
volume “Simbolica dello Spirito” (Ed. Einaudi
1975)
Nell'Antico
Testamento il nome rappresenta l'essenza di chi lo porta.
Dobbiamo pertanto analizzare l'etimologia della parola Satana
ed il significato che essa ha assunto nei successivi periodi
storici, fatto questo abbastanza complesso in quanto la Bibbia
si è sviluppata nel corso di svariati secoli4.
La
parola ebraica Satan è stata grecizzata nella Versione dei 70 e
poi latinizzata nella Vulgata, senza alcun cambiamento nelle
lettere che la compongono (se non nel tardo latino di
Tertulliano, quando si riscontra anche Satanâs).
La
parola “Satan” viene di solito tradotta con il
termine “nemico” o “avversario” ma,
quando la si traduce, siamo in epoche nelle quali è già da
secoli divenuta un nome proprio, al quale nel Cristianesimo si
aggiungerà
διάβολος
(diàbolos) - l'opposto di
συμβάλλω
(symbàllo): “mettere insieme” - che significa
“colui che conduce attraverso”, “colui che
separa” oppure “calunniatore”, da
διαβολή:
“calunnia”. Pure si aggiungerà il già ricordato
Beel-Zebub.
Satan
è cioè ormai già divenuto un concetto metafisico come accadrà
nei libri più tardivi dell'Antico Testamento quali i Salmi ed
il Libro di Giobbe, nonché in quelli apocrifi del tardo
giudaismo (Enoch).
Facciamo
quindi un lungo passo indietro nel tempo: l'etimo, la radice,
la troviamo nel verbo ebraico satan (e nella variante satam)
che molto concretamente in origine significa: “disporre
lacci”, “disporre una trappola”,
“mettere in ceppi” (siriaco setam =
“avvincere”, arabo satn = “legare con
corde”, per dire “opporsi ad un
disegno”)5.
Di conseguenza il verbo satam usato nei testi più antichi ha un
significato assolutamente profano: “impedire il libero
procedere”, “sventare una intenzione”, da
parte di un avversario umano. Già però in I Re XI 23, quando
Salomone costruisce il Tempio, Dio gli invia più di un
avversario per ostacolarne il progetto (non dimentichiamo che
per gli ebrei tutto viene da Dio, quindi anche il
male)6.
Un
successivo passo verso lo sviluppo metafisico di Satan lo
troviamo in Numeri XXII, 22 dove il Mal'ak Jahwe, cioè l'angelo
- figura divina e quindi non più umana - sbarra la strada a
Balaam e alla sua asina: l'ostacolo non è ancora diventato un
nome proprio, ma in questo contesto il concetto profano si è
convertito in mitologico, poiché satan è diventato una qualità
del Mal'ak Jahwe. Mal'ak in fenicio significa “mandare
con un incarico”. L'inviato di Dio e Dio sono pertanto
simili (in un dato aspetto che il Mal'ak manifesta) ed esso
infatti non è autonomo, ma nel suo agire esprime la volontà
divina con la sua stessa ambivalenza. L'asina, che corrisponde
all'istinto di Balaam, ha infatti intuito che Dio non voleva
che lui viaggiasse. Balaam invece lo capisce solamente quando
Dio, tramite la spada fiammeggiante, gli fa aprire gli occhi.
L'avversario di Balaam è pertanto Dio stesso (“Io sono
uscito come tuo nemico” Numeri XXII, 32). Cozzando contro
la volontà divina, l'uomo prende quindi coscienza non solo
della propria volontà, ma anche della propria individualità.
Solamente
in 19 Cronache XXI I, Libro della Bibbia più recente - e in
quest'unico passo dell'Antico Testamento -, la parola Satan
appare senza l'articolo e quindi come nome proprio. Satan,
cioè, ha qui acquisito una sua personalità e, guarda caso, fa
esattamente quello che Jahwe in un altro passo (II9 Samuele
XXIV, 1) ha fatto nella sua ira (“Istigò Davide a fare il
censimento” - “disse a Davide: “va a fare il
censimento”).
Satan
diviene quindi una funzione personificata di Jahwe, che a poco
a poco si sviluppa e si libera dalla sua stessa personalità.
Solo quando questo processo si fu completato, e Satan si staccò
completamente da Jahwe, a lui furono attribuiti elementi di
figure simili, tratti dal mondo religioso circostante. Il
generico “avversario”, che ancora in Zaccaria III,
1 (“ti sgridi l'Eterno”) rappresenta l'altro lato
dello stesso Jahwe, diventa l'ostile accusatore di Giobbe o il
tentatore di Davide (I Cronache XXI, 1).
In
Giobbe vediamo Satan stare di fronte a Jahwe in contrasto
dialettico con lui e, nel prologo in cielo, sembra anche essere
il più forte: “tu mi hai incitato a rovinarlo senza
ragione” gli rimprovera Jahwe (Giobbe II, 3): Giobbe è
federe a Jahwe, e Satan rappresenta qui il dubbio divino. Il
tema della scommessa fra dei e demoni e quello del
“giusto tribolato”, se pur con alcune
differenze7,
lo ritroviamo in molte fiabe e religioni, compresa quella
babilonese (cui anche appartiene la storia del diluvio), ed il
Libro di Giobbe è stato scritto dopo l'esilio babilonese.
Oltre
alla figura del Mal'ak Jahwe, quale cieco esecutore della
volontà divina, nell'Antico Testamento troviamo anche quelle
dei “bene ha-elohim” b-h-e che significa:
“figli di Elohim”, uno dei quali è appunto il Satan
di Giobbe. Questo b-h-e a differenza del Mal'ak Jahwe, pur
essendo anch'esso un angelo, dispone di una certa volontà
autonoma8
e pertanto sembra indicare un conflitto divino interiore,
durante il quale il lato tenebroso di Jahwe comincia ad
emergere dalla ambivalenza del suo lato luminoso, come spirito
(ha-ruah) distinto che vaga per la terra spiando il
comportamento degli uomini. Contemporaneamente o
conseguentemente ad una modificazione del concetto di Satan, si
modifica quindi anche quello della divinità. Mentre il Mal'ak
Jahwe, che è sempre scritto al singolare, appare talvolta come
Dio stesso, i bene ha-elohim stanno invece attorno a lui come
un'assemblea o un esercito celeste, ma sempre attorno ad
Elohim, mai a Jahwe (nell'Antico Testamento Elohim ricorre 1312
volte, Jahwe 6499 volte). El è una divinità semita del Nord ed
Elohim è un plurale. Dietro questo nome, pertanto,
probabilmente si celano gli antichi dei stellari prejawisti.
Come
processo storico la figura di Jahwe prima accolse in sé una
moltitudine di divinità corrispondenti alle forze della natura
ipostatizzate ma, dopo la fusione, le rappresentazioni proibite
come idolatria stellare ricompaiono e diventano lati essenziali
di Jahwe, forze della sua natura (creatrice ma anche
distruttrice) come ad esempio i cherubini e i serafini. Qui si
aprirebbe un altro grande capitolo9 nel quale vedremmo che
alcune creature delle religioni precedenti, come i sopra
ricordati cherubini e serafini, accolte nella nuova religione
hanno assunto la forma di angeli guardiani e benevoli, mentre
altre sono divenute demoni.
Ritornando
a Giobbe, l'avvicendarsi di due aspetti divini dipende dalla
condotta dell'uomo. Un lato che chiameremo satanico agisce in
conflitto con l'insieme della personalità divina la quale, pur
limitandolo (l'impedimento a Satana di uccidere Giobbe), lo
lascia agire causandogli tutti i mali possibili per metterlo
alla prova (in tutte le culture l'attributo più frequente dato
ai demoni è quello di causare malattie). Il fedele devoto
Giobbe, che ignora la scommessa, sentendosi responsabile della
propria condotta ricorda tuttavia a Dio che, così facendo, egli
distrugge la sua creatura e riesce così a fermargli la mano.
Quando
Jahwe gli parla del Leviathan e del Behemoth, gli si rivela
(Giobbe 40) in tutto il suo orrore e potenza ed è così che Dio
vuole essere sopportato dall'uomo Giobbe. Questi, mentre prima
lo rimproverava, ora lo accetta anche nella sua terribilità
(“Io avevo udito parlare di te, ma ora il mio occhio ti
ha visto, perciò io mi ritratto e mi pento”, Giobbe XLII,
5-6). Giobbe riconosce il lui la coincidentia oppositorum e
gli dice: “Io so che il mio salvatore vive” e
“sii tu Dio, mio testimone di fronte a Dio”.
Ecco
che allora Satan, facendo dubitare Dio del suo fedele, diviene
“portatore di luce” per Giobbe, in quanto gli fa
riconoscere Dio nella sua totalità: attraverso le sofferenze
che gli procura; e Giobbe acquisisce un senso più profondo
della propria esistenza, filtrata ora dalla pietas.
Nella
IV visione di Zaccaria 3, pure scritto dopo l'esilio
babilonese, questa pietas prende corpo ed il Mal'ak Jahwe,
divenuto padrone del suo lato oscuro staccatosi completamente
da lui - “Satan stava alla sua destra per
accusarlo” -, purifica il sommo sacerdote Josua che, per
quanto colpevole, non viene più a trovarsi in balìa di Satana
come Giobbe. In questo passo sembra che venga anzi premiata la
certezza allora espressa da Giobbe dicendo “io so che il
mio redentore vive”, premonizione qui confermata da un
accenno alla venuta del Messia (Zaccaria 3,8), detto “il
germoglio”: in ebraico Nêtser, da cui forse
“Nazareno”.
Ma,
come abbiamo già detto, è solamente nel tardo ebraismo e nel
Nuovo Testamento che Satan diviene il male personificato come
principio universale e, quindi, l'antagonista del
Messia10.
Sintetizzando
quindi al massimo l'evoluzione del concetto di Dio, il
Dio-spirito Jahwe - sradicatosi dalla materna natura
primordiale, fondamento originario delle religioni naturali -
eliminò la sua componente femminile di necessità, proprio per
potersi affermare differenziandosi da lei. Ma nella realtà essa
rimase rimossa in termini negativi nell'inconscio divino, come
ira di Dio. Dal che sembra potersi chiarire uno dei rapporti
tra il femminile e il Satan tentatore nonché il rigurgito,
sedici secoli dopo, di quest'ira concretizzatasi nella caccia
alle streghe da parte dell'Inquisizione11.
A
mano a mano che quest'ira si faceva più consapevole - prima
nell'ambivalenza (ricordiamo a questo proposito l'episodio di
Abramo con Isacco nel quale l'avversario, ancora totalmente
inconscio, è quella parte di Dio stesso che pretende il
sacrificio del primogenito, esattamente come nelle culture
precedenti e a lui circostanti di tipo agricolo) e poi con il
progressivo distacco da Dio del suo lato oscuro - alla stessa
umanità che li veniva elaborando, i concetti del bene e del
male si fecero sibillini.
E
soprattutto si cominciò forse a comprendere che, essendo noi
stessi fatti a “Sua Immagine e Somiglianza”,
quell'altare costruito da Davide (I Cronache XXI) per ordine di
Jahwe nello stesso luogo di salvezza - centro di quella
Gerusalemme che nel Cristianesimo medievale, circondata da mura
diventerà simbolo dell'anima umana accogliendo Dio in sé nella
sua totalità - aveva reso se stesso dimora del sacro.
Credo
personalmente che, se riuscissimo a riconoscere Satan come
faccia nascosta di Dio, anch'essa dentro e non fuori di noi -
come Dio disse a Mosè nel paese di Moab (rinnovamento del
patto): come la Legge che “non è in cielo… né al
di là del mare… “è vicinissima a te… è
nella tua bocca e nel tuo cuore, così che tu possa
osservarla”, Deuteronomio XXX 11-14 - proprio da dentro,
nel nostro interno, quel Lucifero, quel “portatore di
luce” da quel momento in poi illuminerebbe il nostro
cammino e la nostra vita. Ci permetterebbe cioè, sol che lo
volessimo accogliere, di riconoscere prima come nostri gli
errori e le colpe che vorremmo fossero gli altri a commettere e
non noi. Sì, proprio Lucifero il Primo Angelo, il primo
Annunziatore del quale, grazie a Paolo Dune, abbiamo avuto la
fortuna di poter parlare qui. Lucifero, il rappresentante delle
miserie del mondo attraverso le quali l'uomo è spinto prima
verso il mondo interiore e successivamente verso un mondo
altro, come un tempo lo fu, strappato allo stato esclusivamente
dominato dalla Natura con la rivelazione della Legge sul Monte
Sinai. Poi venne Gesù, suo fratello, nel nome
dell'Amore.
NOTE
1Asmodeo: dal
persiano Aeshma Deva, “uno dei sette spiriti
cattivi”, nella leggenda popolare di Tobia (3,8) relegato
da Raffaele nell'Alto Egitto.
Astaroth:
è la dea dell'amore erotico, della fertilità e della guerra:
Ashtoreth per i Fenici a Sidone, Asceroth per i Cananei (moglie
di El padre di Baal).
Inanna
per i Sumeri, Ishtar in Babilonia.
Astarte
per i Greci o Afrodite (collegata al pianeta Venere la sera,
diviene Lucifero al mattino)
in ebraico insieme ad Anat e Asherh, Astoret forma la triade
cacanea della fecondità, ma Astoret si legge: “cosa
vergognosa”!
2I
se dim: assiro Sedu, dio toro cui vengono sacrificati bambini
(SI 106, 37-38)_
Azai-el:
fenicio = il forte dio (cui viene inviato nel deserto il capro
espiatorio carico di tutti i peccati) (Levitico XVI 8, 10, 21,
22, 34).
Nell'apocrifo
“Apocalisse di Abramo” Adamo ed Eva si uniscono
sessualmente davanti a lui; non è antagonista di Jahwe ma
l'impunità astratta di fronte all'assoluta purezza di Jahwe.
Lilith
(la pericolosa prima sposa di Adamo), accadico Lilu, Lilitu al
femminile = cattivo demone, dio della tempesta e poi della
lussuria.
3Le
figure religiose corrispondono ad un bisogno che non ha ancora
trovato una espressione cosciente._
C.G.
Jung (Psicopatologia e Religione) parlando dei complessi che
condizionano la nostra esistenza obbligandoci a compiere
determinate azioni ed impedendoci di farne altre, parla di loro
come di “personalità secondarie” o parziali che
hanno una vita mentale propria, quindi i complessi sarebbero
simili ai demoni.
4Dal
1850 circa Av.JC, periodo dei patriarchi: (Abramo ecc.) in
forma orale fino a dopo l'esilio in Babilonia (500 circa), dopo
di che venne progressivamente messa per iscritto fino al 70
dopo JC epoca nella quale il canone ebraico è stato chiuso.
5L'arabo
Saitan, importato dall'Etiopia ma sempre derivato dall'ebraico
e presente già in scritti preislamici anche al plurale, è
sinonimo di Ginn ovverossia degli spiriti della natura il cui
capo è Iblis (il nome del Diavolo nel Corano). Saitan è anche
il nome di un serpente, come del resto in Egitto Sata, che
significa: “figlio della terra”, è un serpente con
gambe umane, il che spiegherebbe la precoce assimilazione
veterotestamentaria del Satan del paradiso terrestre con il
serpente.
6Vedi
Amos III, 6 - II Samuel XXIV, 1 - Isaia XLV, 7 -_
Il
male: ra è tutto ciò che si oppone all'iniziativa di Dio nel
suo piano di salvezza: l'uomo scegliendo il male, rompe il
patto stipulato con Dio, che quindi lo abbandona (quindi il
male diviene assenza di Dio).
7Il
re babilonese ad esempio attribuisce la colpa della sua
malattia a questo nemico, mentre Giobbe la riferisce sempre a
Dio; ma l'idea della divina protezione opposta
all'accusatore-tormentatore come la sottomissione di
quest'ultimo alla divinità, è comune ad entrambe le culture.
8Genesi
VI, 1-4: i bene ha' elogi_
“videro
che le figlie degli uomini erano belle e presero per moglie
quelle che vollero”. Nel neomanicheismo Satana viene
addirittura considerato il figlio primogenito di Jahwe.
9Serafini:
personificazioni delle lingue di fuoco nelle teofanie; hanno
sei ali (sarap, plur, serapim significa fiammeggiante).
Forse
la chiave di lettura sta nel fatto che nella demonologia
mesopotamica, dalla quale sono derivate sia quella ebraica che
la cristiana (ed i demoni raffigurati nell'arte cristiana
durante il medioevo con certezza si ispirano a modelli
mesopotamici) accanto a demoni cattivi (come gli utukku) ne
esistono altri, ad esempio lo Shedu e il Lamassu, che vengono
invocati per scacciare quelli cattivi, questi demoni sono
rappresentati come geni guardiani delle porte, del tutto
analoghi come funzione ai Cherubini: (i Karibu
assirobabilonesi, dall'assiro Karabu che significa
“benedire”, sono colossi taurini alati ritrovati a
Susa e menzionati in iscrizioni come Kuribi e Karibati dal viso
umato) che, armati di spada fiammeggiante, impediscono all'uomo
caduto di rientrare nell'Eden (Gen. 3, 24) e sono anche
sull'Arca dell'Alleanza, intesa come trono sul quale Jahwe
invisibile siede (Salmi 80, 20) o che li cavalca come suo carro
vivente (Salmi 18).
I
cherubini chiamati anche hajot = esseri viventi (Ezechiele I,
4) hanno forma umana ma quattro facce (uomo, leone, toro e
aquila) da cui sono derivati gli animali simbolici dei quattro
evangelisti, hanno quattro ali e due mani.
Una
certa confusione tra le due categorie (angeli e demoni) si nota
anche in Paolo (Rom. 8, 38 e Cor. 15, 24) che parla di
“Principati, Podestà e Potenze” che Cristo
sottomette al Padre o di cui Cristo è il capo (Col. 2, 10) e in
Matteo (25, 4I) il quale parla di “Angeli di
Satana” (altrove detti “spiriti impuri”) per
i quali è preparato il fuoco eterno. Tutto questo probabilmente
si riallaccia all'idea della “caduta degli angeli”
ribelli a Dio, divenuti per loro libera scelta diavoli,
concetto sviluppato in leggende apocrife.
10In
un certo senso simile al dualismo persiano (Ahriman
contrapposto ad Ahnna Mazda), ma qui fin dal principio e non
alla fine di un processo evolutivo del concetto di Dio come è
invece avvenuto lungo tutto l'Antico Testamento, per essere poi
accolto dal Nuovo.
11Nella
Qabbala invece, frutto dell'ulteriore elaborazione ebraica, il
lato femminile, posto a sinistra dell'Albero Sefirotico, ha la
sua piena dignità nel sistema universale dello Spirito,
bilanciando quello destro; il Dio inconoscibile (al di là dei
tre veli) nelle sue manifestazioni è pertanto maschio e
femmina.
Qabbala:
10 sfere graduate come emanazioni divine fluenti l'una
nell'altra, simili ai rami dell'Albero della Vita; nelle loro
corrispondenze polari si esprime la natura dell'universo in
tutti gli strati dell'essere fino alla creatura. L'impulso
creativo di Keter (corona) passa ad Hokomah (saggezza) sulla
destra, che sostiene Binah (intelligenza) sulla sinistra, così
che le successive Sefirot influenzandosi si completino
equilibrandosi reciprocamente dalle proprie colonne laterali,
costituendo il tronco centrale che dalla cima divina Keter
porta all'uomo (Malkut).