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Lucio Capelli




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«Satan» e «il Satan»

(saggio critico letto da Lucio Capelli in occasione dell'incontro con Paolo Dune, svoltosi a Milano l'08/11/2009 presso la sede della Compagnia del the)

È questo il titolo che ho voluto dare al mio intervento, e ne capirete poi la ragione; ma prima facciamoci una domanda: perché romanzi come “Il Codice Da Vinci” e “Angeli e Demoni” di Dan Brown - ai quali si rifà anche “Il Primo Angelo” di Paolo Dune, vuoi come struttura (sono dei gialli) che come tematica, servendosi di pensieri cosiddetti “eretici” - hanno tanto successo?

La mia personale risposta è che questo genere, a metà tra le realtà storiche e la fantasia di chi le sceglie e le interpreta anche con una vena di ironia, risponda ad una esigenza di molti uomini dell'”Occidente” di oggi divenuti, almeno in parte, meno dipendenti dal potere costituito e quindi più aperti ad accettare le problematiche religiose, problematiche da sempre centrali in ogni cultura. Come sappiamo le classi dominanti da sempre si sono servite della paura, spesso anche artatamente causata, per esercitare e mantenere il loro potere temporale. Ed il fatto di dichiarare “rivelazioni di Dio” - quindi indiscutibili - le “verità ultime” da loro stesse legittimate e propagandate, è stata una mossa molto abile che è servita in saecula saeculorum a tenere assoggettati tutti gli altri uomini. Un esempio per tutti è dato dal fatto che, appena la tecnica della stampa inventata da Gutenberg si diffuse, Pio IV e Pio V istituirono la Congregazione dell'Indice che dichiarava quali scritti potessero essere letti e quali dovevano invece essere bruciati, possibilmente con i loro autori. E pensare che allora l'analfabetismo - e fino a non molti anni fa - era estremamente diffuso nella stessa Europa. Ma il timore che idee diverse potessero dilatarsi è sempre andato a braccetto con i misfatti perpetrati a danno dei più deboli. E la censura tutt'ora accompagna, se non noi occidentali in modo palese, certamente paesi da noi non molto lontani.

Il Diavolo è un archetipo, un'idea cioè valida per tutta quanta l'Umanità, come Dio stesso. È conosciuto sotto mille nomi e assume, senza che ce ne accorgiamo, diecimila forme; è sempre attuale ed è uno splendido parafulmine sul quale sono stati scaricati di volta in volta i nostri disagi lungo tutta quanta la storia, in qualunque tempo e luogo sia vissuto l'uomo. Non è un caso se è stato infatti chiamato “Signore di questo mondo”, oltre che “Principe dei Demoni” da Matteo (12-24).

Nel libro “Il Primo Angelo”, oltre al protagonista, Paolo Dune fa agire tre di questi demoni: Barbatos, Asmodeo e Astaroth di cui sarebbe interessantissimo parlare1 partendo proprio dall'etimo del nome. In uno scritto pubblicato ad Amsterdam nel 1660 dal medico Joannis Wieri, con la precisa intenzione di sfatare la cruenta leggenda della stregoneria, ne figurano ben 68, ciascuno con un nome diverso. Sono andato quindi alla ricerca di qualcosa che li accomunasse ed il risultato è stato che i loro nomi, deformati, erano quelli di divinità che, nei medesimi luoghi in cui erano diffusi i nomi dei demoni, erano state in precedenza adorate. Demonizzarle2 è stata le tecnica impiegata dalle popolazioni subentrate ad altre. Un solo esempio: il nome Beel-Zebub, usato nella “Vulgata” quale sinonimo di Satana, è composto da due parole di cui la prima, che significa “Signore”, è il nome della divinità Cananea e Fenicia della Fertilità e della Pioggia Baal alla quale gli Ebrei, penetrati nella Terra Promessa, aggiunsero “Zevuv” che significa “mosche” oppure “Zevul” che vuol dire “letamaio”.

Un altro sistema per indebolire i culti precedenti ed affermare il proprio, questa volta messo in atto dai Cristiani, è stato quello di demonizzare un intero popolo - ovviamente gli Ebrei - che nell'Apocalisse canonica (2,9) vengono definiti “Sinagoga di Satana”, cui fa eco nel IV secolo San Giovanni Crisostomo, campione dell'anti-semitismo giunto fino a noi. Non dobbiamo infatti dimenticare che uno dei metodi da sempre usati contro coloro che consideriamo nemici è quello di attribuire loro le colpe di cui desideriamo liberarci. È per questo che abbiamo creato il diavolo3.

Dal momento che questo argomento riguarda una delle eterne e basilari domande esistenziali dell'uomo, e cioè quale debba essere il comportamento umano e quale significato noi diamo al bene e al male, la materia tende a dilatarsi ben oltre i limiti concessimi in questa sede.

Non si procederà quindi qui ad analizzare la figura del Diavolo, così come essa è esposta nelle varie culture, né si esaminerà il dualismo che impronta di sé almeno in parte anche i principali monoteismi, ma mi limiterò a fare qualche sintetico cenno su come questo archetipo si è venuto sviluppando nella religione ebraica e nel successivo cristianesimo parallelamente a quello di Dio.

È la dicotomia individualmente sperimentata da ciascuno nel proprio intimo - quasi fossimo intrinsecamente costituiti da due anime orientate in senso divergente, l'una verso il basso e l'altra verso l'alto (alto cui attribuiamo una superiorità anche morale su ciò che definiamo basso) - che rende forse così coinvolgente questa ricerca, per condurre la quale non ho fatto a meno di concetti estratti anche da uno straordinario saggio di una allieva di Jung, Rinkah Scharf, dal titolo “La figura di Satana nel Vecchio Testamento” contenuto nel volume “Simbolica dello Spirito” (Ed. Einaudi 1975)

Nell'Antico Testamento il nome rappresenta l'essenza di chi lo porta. Dobbiamo pertanto analizzare l'etimologia della parola Satana ed il significato che essa ha assunto nei successivi periodi storici, fatto questo abbastanza complesso in quanto la Bibbia si è sviluppata nel corso di svariati secoli4.

La parola ebraica Satan è stata grecizzata nella Versione dei 70 e poi latinizzata nella Vulgata, senza alcun cambiamento nelle lettere che la compongono (se non nel tardo latino di Tertulliano, quando si riscontra anche Satanâs).

La parola “Satan” viene di solito tradotta con il termine “nemico” o “avversario” ma, quando la si traduce, siamo in epoche nelle quali è già da secoli divenuta un nome proprio, al quale nel Cristianesimo si aggiungerà διάβολος (diàbolos) - l'opposto di συμβάλλω (symbàllo): “mettere insieme” - che significa “colui che conduce attraverso”, “colui che separa” oppure “calunniatore”, da διαβολή: “calunnia”. Pure si aggiungerà il già ricordato Beel-Zebub.

Satan è cioè ormai già divenuto un concetto metafisico come accadrà nei libri più tardivi dell'Antico Testamento quali i Salmi ed il Libro di Giobbe, nonché in quelli apocrifi del tardo giudaismo (Enoch).

Facciamo quindi un lungo passo indietro nel tempo: l'etimo, la radice, la troviamo nel verbo ebraico satan (e nella variante satam) che molto concretamente in origine significa: “disporre lacci”, “disporre una trappola”, “mettere in ceppi” (siriaco setam = “avvincere”, arabo satn = “legare con corde”, per dire “opporsi ad un disegno”)5. Di conseguenza il verbo satam usato nei testi più antichi ha un significato assolutamente profano: “impedire il libero procedere”, “sventare una intenzione”, da parte di un avversario umano. Già però in I Re XI 23, quando Salomone costruisce il Tempio, Dio gli invia più di un avversario per ostacolarne il progetto (non dimentichiamo che per gli ebrei tutto viene da Dio, quindi anche il male)6.

Un successivo passo verso lo sviluppo metafisico di Satan lo troviamo in Numeri XXII, 22 dove il Mal'ak Jahwe, cioè l'angelo - figura divina e quindi non più umana - sbarra la strada a Balaam e alla sua asina: l'ostacolo non è ancora diventato un nome proprio, ma in questo contesto il concetto profano si è convertito in mitologico, poiché satan è diventato una qualità del Mal'ak Jahwe. Mal'ak in fenicio significa “mandare con un incarico”. L'inviato di Dio e Dio sono pertanto simili (in un dato aspetto che il Mal'ak manifesta) ed esso infatti non è autonomo, ma nel suo agire esprime la volontà divina con la sua stessa ambivalenza. L'asina, che corrisponde all'istinto di Balaam, ha infatti intuito che Dio non voleva che lui viaggiasse. Balaam invece lo capisce solamente quando Dio, tramite la spada fiammeggiante, gli fa aprire gli occhi. L'avversario di Balaam è pertanto Dio stesso (“Io sono uscito come tuo nemico” Numeri XXII, 32). Cozzando contro la volontà divina, l'uomo prende quindi coscienza non solo della propria volontà, ma anche della propria individualità.

Solamente in 19 Cronache XXI I, Libro della Bibbia più recente - e in quest'unico passo dell'Antico Testamento -, la parola Satan appare senza l'articolo e quindi come nome proprio. Satan, cioè, ha qui acquisito una sua personalità e, guarda caso, fa esattamente quello che Jahwe in un altro passo (II9 Samuele XXIV, 1) ha fatto nella sua ira (“Istigò Davide a fare il censimento” - “disse a Davide: “va a fare il censimento”).

Satan diviene quindi una funzione personificata di Jahwe, che a poco a poco si sviluppa e si libera dalla sua stessa personalità. Solo quando questo processo si fu completato, e Satan si staccò completamente da Jahwe, a lui furono attribuiti elementi di figure simili, tratti dal mondo religioso circostante. Il generico “avversario”, che ancora in Zaccaria III, 1 (“ti sgridi l'Eterno”) rappresenta l'altro lato dello stesso Jahwe, diventa l'ostile accusatore di Giobbe o il tentatore di Davide (I Cronache XXI, 1).

In Giobbe vediamo Satan stare di fronte a Jahwe in contrasto dialettico con lui e, nel prologo in cielo, sembra anche essere il più forte: “tu mi hai incitato a rovinarlo senza ragione” gli rimprovera Jahwe (Giobbe II, 3): Giobbe è federe a Jahwe, e Satan rappresenta qui il dubbio divino. Il tema della scommessa fra dei e demoni e quello del “giusto tribolato”, se pur con alcune differenze7, lo ritroviamo in molte fiabe e religioni, compresa quella babilonese (cui anche appartiene la storia del diluvio), ed il Libro di Giobbe è stato scritto dopo l'esilio babilonese.

Oltre alla figura del Mal'ak Jahwe, quale cieco esecutore della volontà divina, nell'Antico Testamento troviamo anche quelle dei “bene ha-elohim” b-h-e che significa: “figli di Elohim”, uno dei quali è appunto il Satan di Giobbe. Questo b-h-e a differenza del Mal'ak Jahwe, pur essendo anch'esso un angelo, dispone di una certa volontà autonoma8 e pertanto sembra indicare un conflitto divino interiore, durante il quale il lato tenebroso di Jahwe comincia ad emergere dalla ambivalenza del suo lato luminoso, come spirito (ha-ruah) distinto che vaga per la terra spiando il comportamento degli uomini. Contemporaneamente o conseguentemente ad una modificazione del concetto di Satan, si modifica quindi anche quello della divinità. Mentre il Mal'ak Jahwe, che è sempre scritto al singolare, appare talvolta come Dio stesso, i bene ha-elohim stanno invece attorno a lui come un'assemblea o un esercito celeste, ma sempre attorno ad Elohim, mai a Jahwe (nell'Antico Testamento Elohim ricorre 1312 volte, Jahwe 6499 volte). El è una divinità semita del Nord ed Elohim è un plurale. Dietro questo nome, pertanto, probabilmente si celano gli antichi dei stellari prejawisti.

Come processo storico la figura di Jahwe prima accolse in sé una moltitudine di divinità corrispondenti alle forze della natura ipostatizzate ma, dopo la fusione, le rappresentazioni proibite come idolatria stellare ricompaiono e diventano lati essenziali di Jahwe, forze della sua natura (creatrice ma anche distruttrice) come ad esempio i cherubini e i serafini. Qui si aprirebbe un altro grande capitolo9 nel quale vedremmo che alcune creature delle religioni precedenti, come i sopra ricordati cherubini e serafini, accolte nella nuova religione hanno assunto la forma di angeli guardiani e benevoli, mentre altre sono divenute demoni.

Ritornando a Giobbe, l'avvicendarsi di due aspetti divini dipende dalla condotta dell'uomo. Un lato che chiameremo satanico agisce in conflitto con l'insieme della personalità divina la quale, pur limitandolo (l'impedimento a Satana di uccidere Giobbe), lo lascia agire causandogli tutti i mali possibili per metterlo alla prova (in tutte le culture l'attributo più frequente dato ai demoni è quello di causare malattie). Il fedele devoto Giobbe, che ignora la scommessa, sentendosi responsabile della propria condotta ricorda tuttavia a Dio che, così facendo, egli distrugge la sua creatura e riesce così a fermargli la mano.

Quando Jahwe gli parla del Leviathan e del Behemoth, gli si rivela (Giobbe 40) in tutto il suo orrore e potenza ed è così che Dio vuole essere sopportato dall'uomo Giobbe. Questi, mentre prima lo rimproverava, ora lo accetta anche nella sua terribilità (“Io avevo udito parlare di te, ma ora il mio occhio ti ha visto, perciò io mi ritratto e mi pento”, Giobbe XLII, 5-6). Giobbe riconosce il lui la coincidentia oppositorum e gli dice: “Io so che il mio salvatore vive” e “sii tu Dio, mio testimone di fronte a Dio”.

Ecco che allora Satan, facendo dubitare Dio del suo fedele, diviene “portatore di luce” per Giobbe, in quanto gli fa riconoscere Dio nella sua totalità: attraverso le sofferenze che gli procura; e Giobbe acquisisce un senso più profondo della propria esistenza, filtrata ora dalla pietas.

Nella IV visione di Zaccaria 3, pure scritto dopo l'esilio babilonese, questa pietas prende corpo ed il Mal'ak Jahwe, divenuto padrone del suo lato oscuro staccatosi completamente da lui - “Satan stava alla sua destra per accusarlo” -, purifica il sommo sacerdote Josua che, per quanto colpevole, non viene più a trovarsi in balìa di Satana come Giobbe. In questo passo sembra che venga anzi premiata la certezza allora espressa da Giobbe dicendo “io so che il mio redentore vive”, premonizione qui confermata da un accenno alla venuta del Messia (Zaccaria 3,8), detto “il germoglio”: in ebraico Nêtser, da cui forse “Nazareno”.

Ma, come abbiamo già detto, è solamente nel tardo ebraismo e nel Nuovo Testamento che Satan diviene il male personificato come principio universale e, quindi, l'antagonista del Messia10.

Sintetizzando quindi al massimo l'evoluzione del concetto di Dio, il Dio-spirito Jahwe - sradicatosi dalla materna natura primordiale, fondamento originario delle religioni naturali - eliminò la sua componente femminile di necessità, proprio per potersi affermare differenziandosi da lei. Ma nella realtà essa rimase rimossa in termini negativi nell'inconscio divino, come ira di Dio. Dal che sembra potersi chiarire uno dei rapporti tra il femminile e il Satan tentatore nonché il rigurgito, sedici secoli dopo, di quest'ira concretizzatasi nella caccia alle streghe da parte dell'Inquisizione11.

A mano a mano che quest'ira si faceva più consapevole - prima nell'ambivalenza (ricordiamo a questo proposito l'episodio di Abramo con Isacco nel quale l'avversario, ancora totalmente inconscio, è quella parte di Dio stesso che pretende il sacrificio del primogenito, esattamente come nelle culture precedenti e a lui circostanti di tipo agricolo) e poi con il progressivo distacco da Dio del suo lato oscuro - alla stessa umanità che li veniva elaborando, i concetti del bene e del male si fecero sibillini.

E soprattutto si cominciò forse a comprendere che, essendo noi stessi fatti a “Sua Immagine e Somiglianza”, quell'altare costruito da Davide (I Cronache XXI) per ordine di Jahwe nello stesso luogo di salvezza - centro di quella Gerusalemme che nel Cristianesimo medievale, circondata da mura diventerà simbolo dell'anima umana accogliendo Dio in sé nella sua totalità - aveva reso se stesso dimora del sacro.

Credo personalmente che, se riuscissimo a riconoscere Satan come faccia nascosta di Dio, anch'essa dentro e non fuori di noi - come Dio disse a Mosè nel paese di Moab (rinnovamento del patto): come la Legge che “non è in cielo… né al di là del mare… “è vicinissima a te… è nella tua bocca e nel tuo cuore, così che tu possa osservarla”, Deuteronomio XXX 11-14 - proprio da dentro, nel nostro interno, quel Lucifero, quel “portatore di luce” da quel momento in poi illuminerebbe il nostro cammino e la nostra vita. Ci permetterebbe cioè, sol che lo volessimo accogliere, di riconoscere prima come nostri gli errori e le colpe che vorremmo fossero gli altri a commettere e non noi. Sì, proprio Lucifero il Primo Angelo, il primo Annunziatore del quale, grazie a Paolo Dune, abbiamo avuto la fortuna di poter parlare qui. Lucifero, il rappresentante delle miserie del mondo attraverso le quali l'uomo è spinto prima verso il mondo interiore e successivamente verso un mondo altro, come un tempo lo fu, strappato allo stato esclusivamente dominato dalla Natura con la rivelazione della Legge sul Monte Sinai. Poi venne Gesù, suo fratello, nel nome dell'Amore.

NOTE

1Asmodeo: dal persiano Aeshma Deva, “uno dei sette spiriti cattivi”, nella leggenda popolare di Tobia (3,8) relegato da Raffaele nell'Alto Egitto.

Astaroth: è la dea dell'amore erotico, della fertilità e della guerra: Ashtoreth per i Fenici a Sidone, Asceroth per i Cananei (moglie di El padre di Baal).

Inanna per i Sumeri, Ishtar in Babilonia.

Astarte per i Greci o Afrodite (collegata al pianeta Venere la sera, diviene Lucifero al mattino)
in ebraico insieme ad Anat e Asherh, Astoret forma la triade cacanea della fecondità, ma Astoret si legge: “cosa vergognosa”!

2I se dim: assiro Sedu, dio toro cui vengono sacrificati bambini (SI 106, 37-38)_

Azai-el: fenicio = il forte dio (cui viene inviato nel deserto il capro espiatorio carico di tutti i peccati) (Levitico XVI 8, 10, 21, 22, 34).

Nell'apocrifo “Apocalisse di Abramo” Adamo ed Eva si uniscono sessualmente davanti a lui; non è antagonista di Jahwe ma l'impunità astratta di fronte all'assoluta purezza di Jahwe.

Lilith (la pericolosa prima sposa di Adamo), accadico Lilu, Lilitu al femminile = cattivo demone, dio della tempesta e poi della lussuria.

3Le figure religiose corrispondono ad un bisogno che non ha ancora trovato una espressione cosciente._

C.G. Jung (Psicopatologia e Religione) parlando dei complessi che condizionano la nostra esistenza obbligandoci a compiere determinate azioni ed impedendoci di farne altre, parla di loro come di “personalità secondarie” o parziali che hanno una vita mentale propria, quindi i complessi sarebbero simili ai demoni.

4Dal 1850 circa Av.JC, periodo dei patriarchi: (Abramo ecc.) in forma orale fino a dopo l'esilio in Babilonia (500 circa), dopo di che venne progressivamente messa per iscritto fino al 70 dopo JC epoca nella quale il canone ebraico è stato chiuso.

5L'arabo Saitan, importato dall'Etiopia ma sempre derivato dall'ebraico e presente già in scritti preislamici anche al plurale, è sinonimo di Ginn ovverossia degli spiriti della natura il cui capo è Iblis (il nome del Diavolo nel Corano). Saitan è anche il nome di un serpente, come del resto in Egitto Sata, che significa: “figlio della terra”, è un serpente con gambe umane, il che spiegherebbe la precoce assimilazione veterotestamentaria del Satan del paradiso terrestre con il serpente.

6Vedi Amos III, 6 - II Samuel XXIV, 1 - Isaia XLV, 7 -_

Il male: ra è tutto ciò che si oppone all'iniziativa di Dio nel suo piano di salvezza: l'uomo scegliendo il male, rompe il patto stipulato con Dio, che quindi lo abbandona (quindi il male diviene assenza di Dio).

7Il re babilonese ad esempio attribuisce la colpa della sua malattia a questo nemico, mentre Giobbe la riferisce sempre a Dio; ma l'idea della divina protezione opposta all'accusatore-tormentatore come la sottomissione di quest'ultimo alla divinità, è comune ad entrambe le culture.

8Genesi VI, 1-4: i bene ha' elogi_

“videro che le figlie degli uomini erano belle e presero per moglie quelle che vollero”. Nel neomanicheismo Satana viene addirittura considerato il figlio primogenito di Jahwe.

9Serafini: personificazioni delle lingue di fuoco nelle teofanie; hanno sei ali (sarap, plur, serapim significa fiammeggiante).

Forse la chiave di lettura sta nel fatto che nella demonologia mesopotamica, dalla quale sono derivate sia quella ebraica che la cristiana (ed i demoni raffigurati nell'arte cristiana durante il medioevo con certezza si ispirano a modelli mesopotamici) accanto a demoni cattivi (come gli utukku) ne esistono altri, ad esempio lo Shedu e il Lamassu, che vengono invocati per scacciare quelli cattivi, questi demoni sono rappresentati come geni guardiani delle porte, del tutto analoghi come funzione ai Cherubini: (i Karibu assirobabilonesi, dall'assiro Karabu che significa “benedire”, sono colossi taurini alati ritrovati a Susa e menzionati in iscrizioni come Kuribi e Karibati dal viso umato) che, armati di spada fiammeggiante, impediscono all'uomo caduto di rientrare nell'Eden (Gen. 3, 24) e sono anche sull'Arca dell'Alleanza, intesa come trono sul quale Jahwe invisibile siede (Salmi 80, 20) o che li cavalca come suo carro vivente (Salmi 18).

I cherubini chiamati anche hajot = esseri viventi (Ezechiele I, 4) hanno forma umana ma quattro facce (uomo, leone, toro e aquila) da cui sono derivati gli animali simbolici dei quattro evangelisti, hanno quattro ali e due mani.

Una certa confusione tra le due categorie (angeli e demoni) si nota anche in Paolo (Rom. 8, 38 e Cor. 15, 24) che parla di “Principati, Podestà e Potenze” che Cristo sottomette al Padre o di cui Cristo è il capo (Col. 2, 10) e in Matteo (25, 4I) il quale parla di “Angeli di Satana” (altrove detti “spiriti impuri”) per i quali è preparato il fuoco eterno. Tutto questo probabilmente si riallaccia all'idea della “caduta degli angeli” ribelli a Dio, divenuti per loro libera scelta diavoli, concetto sviluppato in leggende apocrife.

10In un certo senso simile al dualismo persiano (Ahriman contrapposto ad Ahnna Mazda), ma qui fin dal principio e non alla fine di un processo evolutivo del concetto di Dio come è invece avvenuto lungo tutto l'Antico Testamento, per essere poi accolto dal Nuovo.

11Nella Qabbala invece, frutto dell'ulteriore elaborazione ebraica, il lato femminile, posto a sinistra dell'Albero Sefirotico, ha la sua piena dignità nel sistema universale dello Spirito, bilanciando quello destro; il Dio inconoscibile (al di là dei tre veli) nelle sue manifestazioni è pertanto maschio e femmina.

Qabbala: 10 sfere graduate come emanazioni divine fluenti l'una nell'altra, simili ai rami dell'Albero della Vita; nelle loro corrispondenze polari si esprime la natura dell'universo in tutti gli strati dell'essere fino alla creatura. L'impulso creativo di Keter (corona) passa ad Hokomah (saggezza) sulla destra, che sostiene Binah (intelligenza) sulla sinistra, così che le successive Sefirot influenzandosi si completino equilibrandosi reciprocamente dalle proprie colonne laterali, costituendo il tronco centrale che dalla cima divina Keter porta all'uomo (Malkut).


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