La vita di questi villaggi è molto primitiva, anche se, ora con l’arrivo dei cellulari e tra poco della luce elettrica, tutto ciò sta per cambiare e, con la velocità del progresso attuale, non ci vorrà molto a raggiungere gli standard regionali. Questa zona situata a 2700 metri di altitudine, permette la coltivazione di frutta come mele, albicocche noci e persino uva, verdure varie come pomodori, verze e zucchine, fiori e anche di alcuni cereali come il miglio e il mais. Essi, parlano una lingua detta Shina, incomprensibile a chiunque nel circondario che viene definita: Dardi. L’abito di questa gente è semplice ma arricchito da una peculiarità: uomini e donne portano un copricapo floreale. Le loro case sembrano far parte delle montagne su cui vivono, solo i campi terrazzati indicano una presenza umana. Per raggiungere questi villaggi spesso ci si deve arrampicare per impervi sentieri sui dorsi delle montagne. Questa zona è stata aperta da poco ad un turismo ridotto, anche a causa dei molti permessi necessari da parte delle autorità militari indiane essendo confinante col Pakistan, specie dopo il conflitto del 1999 a seguito del quale, un villaggio di questi ariani è rimasto in territorio pachistano. Le lingue dardiche costituiscono un sottogruppo delle lingue indo-iraniche tra queste, la più nota è il kashmiri parlato da quasi 5 milioni di persone mentre lo shina e il khowar sono nettamente minoritarie. I Dardi, di origine indo-europea, abitano una fascia di territorio che si estende dal Nuristan Afghano al nord del Pakistan e all’India nord-occidentale. Vi sono comunità Dardi persino in Cina. Dopo aver visitato l’alta valle dell’Indo che da Lhe va verso il Pakistan passando per Khalsi e superata la confluenza del fiume Shayok nell’Indo, si attraversa una zona incassata tra alte montagne nella quale si ammirano panorami stupefacenti per la selvaggia bellezza.
Ma la mia “spedizione” era finalizzata a scoprire la popolazione Dahanu. In passato e a più riprese ho visitato i loro fratelli di sangue che vivono nelle alte valli del Pakistan e cioè i Kalash che mi avevano fortemente emozionato. Mi sono avventurato da queste parti e ho provato una certa delusione perché le persone incontrate vestivano all’europea e non denotavano particolari caratteristiche che le diversificassero dai Kashmiri di Kargil. Mi fu detto che per poter ammirare e conoscere la loro cultura avrei dovuto venire l’anno successivo ai primi di ottobre quando celebrano la festa di BO-NO-NA appuntamento che non ho mancato.
Il villaggio di Dha è arroccato su un pendio scosceso che lascia solo piccoli spazi pianeggianti adatti a piccoli terrazzamenti coltivabili. Le stesse abitazioni sono ubicate una sopra l’altra sfruttando gli anfratti della montagna. Come dicevo, l’impressione è quella di gente che vive in modo molto primitivo, isolati da centri abitativi di rilievo. Unica risorsa per loro è la vicinanza di forti contingenti militari che in caso di necessità, possono fornire qualche aiuto. Il “BONONA” ora avviene ogni 2 anni nello stesso villaggio perché, essendo uno dei tre villaggi rimasto in Pakistan, si alterna tra Dha e Garkhon. Purtroppo si svolge al tramonto per cui, non essendo in funzione la luce elettrica, tutto si svolge nel buio pesto quindi, fotografare è stato davvero arduo. I costumi sono molto interessanti e soprattutto i copri capi ornati di fiori (la maggior parte artificiali) sono molto pittoreschi. Le scarpe da tennis cinesi e i cellulari tra le mani sminuiscono un po’la solennità dell’evento ma, inutile illudersi ormai è così in ogni parte del pianeta. Detto ciò, sono contento di aver partecipato alla “kermesse”. Godetevi ciò che sono riuscito a documentare seppure in condizioni proibitive.